(Teleborsa) – “Nell’aggiornamento dello scenario di base per il triennio, la crescita del prodotto si colloca all’1,3 per cento quest’anno, allo 0,9 nel 2024 e all’1,0 nel 2025. Nei prossimi trimestri la ripresa risentirebbe dell’irrigidimento delle condizioni di finanziamento e della debolezza del commercio internazionale. Gli investimenti rallenterebbero, solo in parte sostenuti dall’attuazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’inflazione si porterebbe al 6,0 per cento nella media di quest’anno e scenderebbe al 2,3 nel 2024 e al 2,0 nel 2025, riflettendo gli effetti diretti e indiretti del calo dei prezzi delle materie prime energetiche. L’inflazione di fondo, attesa al 4,5 per cento nella media dell’anno in corso, raggiungerebbe il 2,0 per cento alla fine del triennio di previsione”. Questo il quadro tracciato dalla Banca d’Italia nel bollettino economico di luglio che aggiorna, con qualche limatura al ribasso per il 2024-2025, le stime diffuse lo scorso mese.
La ripresa dell’economia globale si attenua – L’attività economica mondiale è frenata dall’alta inflazione e da condizioni di finanziamento restrittive. Negli Stati Uniti il prodotto decelera e in Cina il recupero dell’attività sta perdendo nuovamente slancio, dopo avere beneficiato della rimozione delle politiche di contenimento della pandemia. Nonostante la vivace dinamica dei servizi nelle principali economie, l’attività risente dell’indebolimento del ciclo manifatturiero, che contribuisce a ridurre le prospettive di crescita del commercio internazionale e le quotazioni delle materie prime e dei prodotti energetici. Al minore contributo della componente energetica corrisponde il calo dell’inflazione al consumo nei maggiori paesi industriali, ad eccezione del Giappone. L’inflazione di fondo stenta però ancora a scendere.
Continua la restrizione monetaria nelle principali economie avanzate – Dopo un rialzo in maggio, la Federal Reserve ha mantenuto fermi i tassi di interesse di riferimento in giugno, pur segnalando la possibilità di aumentarli nei prossimi mesi. La Bank of England ha accentuato l’azione restrittiva, con un incremento dei tassi di 50 punti base in giugno. Dopo le turbolenze connesse con gli episodi di crisi bancaria negli Stati Uniti e in Svizzera, le condizioni nei mercati finanziari internazionali si sono normalizzate.
Nell’area dell’euro continua la fase di debolezza ciclica e l’inflazione scende – Nel primo trimestre di quest’anno nell’area dell’euro il prodotto è lievemente diminuito per il secondo trimestre consecutivo e, secondo le stime di Bankitalia, ha ristagnato in primavera. All’ulteriore flessione dell’attività manifatturiera si è contrapposta l’espansione nei servizi. È proseguita la crescita dell’occupazione e si è intensificata la dinamica salariale. L’inflazione al consumo è ancora scesa, ma quella di fondo resta elevata. Nelle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema l’inflazione al consumo si collocherebbe al 5,4 per cento nel 2023, per poi scendere progressivamente fino al 2,2 nel 2025.
La BCE ha nuovamente alzato i tassi ufficiali – Tra maggio e giugno il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha complessivamente aumentato di 50 punti base i tassi di interesse di riferimento. Le decisioni sui tassi seguiteranno a essere prese, volta per volta, tenendo conto dei dati che si renderanno via via disponibili, in modo da conseguire un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo di medio termine del 2 per cento. Il Consiglio ha inoltre confermato la fine, a partire dal mese di luglio, dei reinvestimenti nell’ambito del programma di acquisto di attività finanziarie, nonché il pieno reinvestimento, con flessibilità, del capitale rimborsato sui titoli in scadenza nell’ambito del programma di acquisto per l’emergenza pandemica, almeno sino alla fine del 2024. Nell’area dell’euro i rendimenti sui titoli pubblici decennali sono lievemente saliti, mentre l’andamento dei differenziali con il corrispondente titolo tedesco è stato eterogeneo tra paesi: per l’Italia è diminuito.
In Italia la crescita del PIL si sarebbe interrotta in primavera – Dopo il rimbalzo del primo trimestre, secondo stime Bankitalia il prodotto è rimasto pressoché invariato in primavera, soprattutto a causa della contrazione dell’attività manifatturiera, su cui grava l’indebolimento del ciclo industriale a livello globale. L’espansione dei consumi delle famiglie è proseguita a ritmi più contenuti. Gli investimenti sono frenati dall’irrigidimento delle condizioni di finanziamento e da prospettive di domanda meno favorevoli.
Migliora il saldo di conto corrente, che beneficia dell’andamento del costo dei beni energetici – Dall’inizio dell’anno le esportazioni in volume sono diminuite, riflettendo la debolezza del commercio mondiale. Il saldo di conto corrente è tuttavia migliorato, anche grazie all’andamento delle importazioni energetiche, che beneficiano della riduzione delle quotazioni internazionali; il deficit energetico si ridurrebbe nel complesso del 2023. Gli investitori esteri hanno manifestato forte interesse per i titoli di portafoglio italiani. Il saldo passivo della Banca d’Italia sul sistema dei pagamenti europeo TARGET2 si è ridotto. La posizione netta sull’estero si mantiene creditoria.
L’occupazione continua a crescere, la dinamica salariale si rafforza e aumentano lievemente i margini di profitto – È proseguita l’espansione del numero di occupati, che ha superato i valori pre-pandemici. Il tasso di partecipazione continua a salire; quello di disoccupazione è diminuito, collocandosi sotto l’8 per cento. La crescita delle retribuzioni, intensificatasi per effetto del pagamento di consistenti arretrati dovuti ai ritardi nei rinnovi nel comparto pubblico, si rafforzerebbe nella restante parte dell’anno, pur rimanendo inferiore al rialzo dei prezzi. In alcuni comparti dell’industria la dinamica salariale sarà sostenuta anche dall’adeguamento all’inflazione previsto dalle clausole di indicizzazione. I margini di profitto sono in leggero aumento, seppure con marcate differenze tra settori: nella manifattura si sono riportati sui valori precedenti la crisi sanitaria, mentre nelle costruzioni e nei servizi risultano ancora inferiori.
Prosegue il calo dell’inflazione al consumo – In primavera l’inflazione al consumo è ulteriormente scesa, grazie alla decisa diminuzione della componente energetica, pur mantenendosi su livelli elevati. Si sono registrati i primi cali dell’inflazione relativa ai beni alimentari e a quelli industriali non energetici, che iniziano a incorporare la forte riduzione dei prezzi degli input energetici. A giugno anche i prezzi dei servizi hanno mostrato alcuni segnali di frenata. Famiglie e imprese si attendono un ulteriore allentamento delle pressioni inflazionistiche.
I prestiti bancari si riducono e aumenta il costo del credito – Tra febbraio e maggio sono ancora diminuiti i prestiti al settore privato non finanziario; vi hanno contribuito il rialzo del costo del credito, le minori necessità di finanziamento per investimenti e il progressivo inasprirsi delle condizioni di offerta. Queste ultime risentono della più elevata percezione del rischio e della minore tolleranza verso lo stesso da parte degli intermediari. Il tasso di deterioramento del credito è rimasto contenuto, mentre è aumentata l’incidenza del flusso di prestiti che presentano ritardi nei pagamenti.
Le proiezioni sono circondate da un’incertezza elevata, con rischi al ribasso per la crescita – Il quadro macroeconomico continua a essere caratterizzato da forte incertezza. I rischi per la crescita sono orientati al ribasso e legati in particolare all’evoluzione del conflitto in Ucraina e alla possibilità di un irrigidimento delle condizioni di finanziamento maggiore di quanto atteso. I rischi per l’inflazione sono invece bilanciati e includono, al rialzo, una trasmissione incompleta della recente discesa dei prezzi dei beni energetici e, al ribasso, un deterioramento più marcato e duraturo della domanda aggregata; rimangono contenuti i rischi di una spirale salari-prezzi.