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Banche etiche, più solide e redditizie delle “to big to fail”: generano il 5 per cento del PIL dell’Ue

(Teleborsa) – Generando, attraverso le loro attività e investimenti, il 5 per cento del PIL dell’Unione, le 22 banche etiche europee sono più redditizie dei principali colossi bancari europei, più solide, e più coerenti con le scelte strategiche dichiarate e realmente perseguite. È quanto emerge dal sesto Rapporto “La finanza etica in Europa” che le ha messe a confronto con 60 istituti convenzionali “significativi” – vale a dire con attivi superiore ai 30 miliardi e vigilati direttamente dalla Banca Centrale Europea; ovvero quelle che vengono anche considerate come le “to big to fail” – sotto il profilo della redditività, dell’adeguatezza patrimoniale e della performance finanziaria considerando i dieci anni dal 2011 al 2021. Presentato a Milano, il Rapporto è il risultato del lavoro di ricerca internazionale frutto della collaborazione tra Fondazione Finanza Etica, Fundación Finanzas Éticas e Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (FEBEA).

Dallo studio emerge che le banche etiche europee registrano una redditività del capitale proprio (ROE) del 5,23%, contro il 2,21% delle banche convenzionali. Un vantaggio che si rileva anche per la redditività degli attivi (ROA), che ha premiato le banche etiche con una media dello 0,46% contro lo 0,25% delle banche convenzionali. Il dato dà sostanza a una distintività positiva di carattere strutturale delle banche etiche, considerato che si è affermato lungo un decennio di rilevazioni, includendo anche l’anno 2020, quando sia le banche etiche sia gli istituti tradizionali subivano i colpi della crisi pandemica. Le differenze si registrano anche su altre voci di gestione, mostrando non solo vocazioni e impostazioni contrapposte, ma anche dimostrando che l’alternativa “etica” nel perseguimento del profitto dell’impresa bancaria è possibile, virtuosa e solida e coerente, a cominciare dalla centralità dell’esercizio stesso dell’attività creditizia.

Il credito rimane infatti di gran lunga la principale attività per le banche etiche: nel 2021 è pari al 65,4% del totale degli attivi, contro il 50,8% registrato dalle banche tradizionali; una differenza pressoché costante in quasi tutti gli anni del decennio. Questo indica che le banche etiche sono più propense all’attività bancaria “classica”, cioè alla raccolta di risparmi e concessione di crediti. Invece le banche “significative” associano all’attività “classica”, che ha un’importanza relativamente minore, attività finanziarie come investimenti in titoli, vendita di prodotti finanziari, servizi finanziari, partecipazioni in imprese. I depositi dei clienti risultano poi la fonte di maggior liquidità nelle banche etiche (81,1% delle passività totali), mentre le banche convenzionali si affidano a varie fonti di liquidità, con un conseguente rapporto depositi/patrimonio netto inferiore. Quanto alla solidità patrimoniale, le banche etiche hanno mantenuto costante nel tempo una forte capitalizzazione – con un rapporto tra patrimonio netto e passività totali pari in media all’8,2%, mentre le banche convenzionali hanno migliorato la loro posizione patrimoniale, ma partendo da una posizione più debole, crescendo dal 4,3% nel 2012 al 6,20% nel 2021.

Sul fronte della liquidità, il rapporto prestiti/depositi (LDR) si è mantenuto stabile e inferiore, da 77% a 81,5% di media, nelle banche etiche rispetto a quelle convenzionali, dove invece è stato incrementato negli anni, da 86% a 102,5%, mostrando per questi istituti, potenzialmente, un rischio di liquidità più elevato.

“Mentre i colossi del sistema bancario convenzionale pronunciano impegni di sostenibilità che spesso vengono poi smentiti e non scalfiscono un modello di business complessivamente orientato al massimo profitto a ogni costo, le banche etiche europee si distinguono invece per la coerenza tra azioni svolte e principi sostenuti – ha detto Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica –. La ricerca sottolinea l’importanza di allontanare dal settore finanziario le ombre di greenwashing e socialwashing e offre uno spaccato di conoscenza sulla finanza etica in Europa: un movimento che lancia una sfida di trasformazione valoriale alla finanza globale. Tanto più oggi, a pochi mesi dal prossimo voto per il rinnovo dell’Europarlamento”.

“La visione della finanza etica – sottolinea Anna Fasano, presidente di Banca Etica – sta rivoluzionando il settore bancario e finanziario in Europa. Il dialogo con le istituzioni di Bruxelles e Francoforte e con gli attori della società civile insieme alla collaborazione con i network internazionali della finanza etica, Febea e Gabv, sono gli strumenti per amplificare la nostra capacità influenzare tali processi. Vogliamo condividere valori e buone pratiche per ridurre l’arbitrarietà di ciò che l’Europa definisce ‘investimento sostenibile’, per disincentivare il greenwashing e, grazie all’attesa tassonomia sociale, per arricchire le prescrizioni di sostenibilità ambientale con le dimensioni economica e sociale. La finanza può tornare ad essere strumento al servizio dell’economia, delle persone e del pianeta in un sistema in cui i risparmiatori sono resi consapevoli dell’impatto potenziale, positivo o negativo, che può avere il denaro gestito dai diversi operatori”.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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