(Teleborsa) – E’ stato presentato oggi il nuovo polo aggregante del settore vinicolo, Argea, che raggruppa 6 sedi produttive in 4 regioni, aspirando ad internazionalizzare il vino Made in Italy, non solo quello a denominazione controllata, ma anche il vino indistinto delle cantine italiane. Una operazione che punta a dare valore alla nostra produzione nazionale, già molto apprezzata nel mondo per la sua qualità, per farla competere con i blasonati vini d’oltralpe. Ne ha parlato a Teleborsa Massimo Romani, Amministratore Delegato di Argea.
Cosa caratterizza il vino italiano nel mondo e cosa spinge l’export?
“Il vino italiano nel mondo è sinonimo di qualità crescente negli anni. Questa è l’evoluzione che leggiamo nei numeri e nell’incremento di valore per unità esportate. Sappiamo infatti che il 50% dei 50 milioni di ettolitri di vino italiano prodotto è di denominazione e crea un valore aggiunto importante e tangibile. Abbiamo poi un altro 50% di vino da tavola, indistinto, rispetto al quale c’è una missione di valorizzazione che ogni player del settore fa nei confronti dell’export e del consumo in Italia”.
“La percezione quindi è qualitativamente molto alta, l’Italia è molto apprezzata – il packaging, il lifestyle – l’Italia è di per sé un brand, non solo nel vino, ma nell’agroalimentare in generale. C’è ancora strada da fare per arrivare ai livelli della Francia, che è un po’ meno importante di noi a volume, ma lo è molto di più a valore. Noi dobbiamo ambire a competere con loro non solo a volume, ma anche a valore”.
Argea parte con un ambizioso piano di investimenti. Quali sono le priorità? E quali numeri ci si aspettano?
“Argea ha un piano d’investimenti di 50 milioni nei prossimi anni, suddiviso sui 6 siti di produzione del gruppo, che sono dislocati prevalentemente in Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Sicilia, mentre in Puglia si tratta perlopiù di masserie ed anche su quelle pensiamo di fare investimenti. Sono quindi investimenti equamente distribuiti sui territori, volti al miglioramento qualitativo, alla transizione energetica, allo sviluppo sostenibile dei nostri prodotti e coprono tutta la filiera produttiva”.
La sostenibilità è appunto uno degli elementi fondamentali su cui poggia la creazione del polo del vino. Come si declina questo impegno?
“Noi ci siamo dati, in coerenza con i 17 principi del Global Compact delle Nazioni Unite, una serie di priorità – la transizione energetica, il giusto utilizzo delle risorse ambientali, una miglior politica di gender, la trasparenza nei confronti del fornitori, il welfare dei dipendenti e politiche di flessibilità sul lavoro – che saranno regole fondamentali del nostro agire per il 2023 ed il 2024”.
“Vogliamo monitorare queste priorità con dei KPI, misurarle e raccogliere tutto quello che facciamo per noi, per il territorio, per le comunità all’interno di un bilancio di Sostenibilità, la cui prima release sarà durante la Milano Wine Week il 13 ottobre. In seguito, con appuntamenti annuali, monitoreremo quello che definiamo il nostro buon impatto sul territorio e sulle comunità”.