(Teleborsa) – Lo shock dell’invasione dell’Ucraina è un punto di svolta nel ciclo del credito. Per tale ragione S&P Global Ratings si attende un deterioramento delle prospettive di credito, un inasprimento delle condizioni di finanziamento e un tasso di default in rialzo verso il 2,5% entro la fine dell’anno. È quanto emerge dal report “Credit Conditions Europe Q2 2022: Seismic Shocks, Security & Supply” pubblicato dall’agenzia.
La sicurezza energetica, ulteriori interruzioni nelle catene di approvvigionamento e l’aumento delle pressioni inflazionistiche sono per S&P i fattori di rischio che più probabilmente influenzeranno le condizioni del credito europeo nei prossimi mesi. L’agenzia prevede un’inversione del trend di miglioramento della qualità del credito, in atto da 14 mesi, a causa del rallentamento della crescita e delle maggiori pressioni sui costi di produzione, che peseranno sempre più sui margini delle aziende nel corso dell’anno. Le condizioni di finanziamento in Europa – sottolinea il rapporto – dovrebbero inasprirsi man mano che le banche centrali entrano in modalità di tightening per contrastare le pressioni inflazionistiche elevate, nonostante il rallentamento della crescita.
Nell’Outlook macroeconomico l’agenzia di rating rivede al ribasso la crescita del PIL per l’Eurozona. Per S&P il dato si attesterà al +3,3%, ben 1,1 punti percentuali in meno delle precedenti previsioni. L’inflazione è, inoltre, prevista aumentare al 5% dal precedente 3%. “In questa fase, – si legge nel rapporto – sembra che l’economia europea possa resistere al conflitto in Ucraina, ma non senza conseguenze per la crescita e l’inflazione”.
Peggiore il quadro per la Russia che quest’anno, secondo l’ultimo rapporto di S&P sulle economie emergenti di Europa e Medio Oriente, accuserà una recessione economica dell’8,5% a causa delle sanzioni imposte da Usa e Paesi Ue in seguito all’invasione dell’Ucraina. Per il Paese S&P prevede una ripresa limitata allo 0,3% del PIL nel 2023, +1% nel 2024 e +1,3% nel 2025. Sottolineando l’elevato grado di incertezza sulle previsioni l’agenzia definisce quello della Russia il crollo più grave da 30 anni, ovvero dal -14,5% del 1992, registrato in coincidenza con il passaggio dall’economia panificata dell’era sovietica all’economia di mercato. S&P ricorda che si sono verificate massicce fughe di capitali dopo le sanzioni, costringendo la banca centrale russa ad alzare improvvisamente i tassi di interesse dal 9,55% al 20% e a varare misure restrittive sui movimenti di capitali. “Queste misure – si legge nel rapporto – sembrano aver stabilizzato il settore bancario e il rublo per ora e la valuta ha recuperato parte delle perdite”. I deprezzamenti si tradurranno, tuttavia, anche in una maggiore inflazione interna che viene prevista al 16% quest’anno, mentre lo shock sul clima di fiducia implicherà un calo degli investimenti.