(Teleborsa) – I tassisti, che già protestano da settimane contro l’articolo 10 del Ddl concorrenza, stanno spontaneamente fermando il servizio in tutta Italia dopo la pubblicazione dell’inchiesta Uber files. Ritengono, infatti, che dietro la liberalizzazione del mercato tracciata dal disegno di legge via sia la mano di Uber.
Oggi, a Roma, cinque rappresentanti dei tassisti si sono incatenati alle recinzioni in ferro di piazza Colonna, davanti a Palazzo Chigi. Altri rappresentanti della categoria stanno manifestando nelle vie del centro. “Dopo lo scandalo Uber files – spiegano i tassisti all’Ansa – vogliamo chiarezza e trasparenza su una vicenda che a questo punto assume contorni grotteschi”. Proteste anche a Napoli dove questa mattina circa 500 tassisti hanno scioperato in piazza del Plebiscito, occupando la piazza con oltre 300 auto bianche, per protestare contro la liberalizzazione del settore che porterebbe all’introduzione sul mercato di multinazionali come Uber.
La pubblicazione degli Uber files ha portato alla luce la maxi raccolta di documenti riservati che svelano come Uber abbia portato avanti, per anni, una gigantesca campagna di lobbying, facendo pressioni su leader politici, primi ministri, presidenti, miliardari, oligarchi, tycoon dei media, per diventare leader del settore dei trasporti, sconvolgendo il comparto dei taxi. Il tutto potendo contare su sostegni di grande livello come Emmanuel Macron, quando era ministro dell’economia, e la ex commissaria europea Neelie Kroes. “Vogliamo sapere da chi è stato ricevuto il capo di Uber a Palazzo Chigi e di cosa si è parlato” hanno tuonato i sindacati dei taxi, parlando di “scenari preoccupanti” in riferimento a un incontro avvenuto a fine maggio con il Ceo mondiale della società, “in un momento nel quale – spiegano – senza alcun apparente motivo i tassisti sono stati inseriti nel ddl concorrenza, nonostante la liberalizzazione del servizio non sia prevista dalla direttiva comunitaria Bolkestein e l’obiettivo non è tra quelli necessari per ottenere i fondi europei del Pnrr”.
Particolarmente osteggiati dai tassisti i passaggi dell’articolo 10 del Ddl Concorrenza che fanno riferimento a un “adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante l’uso di applicazioni web”, alla “riduzione degli adempimenti amministrativi a carico degli esercenti degli autoservizi pubblici non di linea e razionalizzazione della normativa alle tariffe e ai sistemi di turnazione”, e alla “promozione della concorrenza, anche in sede di conferimento delle licenze”.
Negli oltre 124mila documenti interni ottenuti dal Guardian, che coprono un periodo di cinque anni in cui Uber era gestita da Travis Kalanick, dimessosi poi nel 2017, c’è anche l’Italia. L’Espresso rende conto infatti di una campagna di pressione, condotta tra il 2014 e il 2016, con l’obiettivo di agganciare e condizionare l‘allora presidente del consiglio, Matteo Renzi, e alcuni ministri e parlamentari del Pd. Il leader di Italia Viva ha spiegato di non aver “mai seguito personalmente” le questioni dei taxi e dei trasporti e che, comunque, il suo governo non ha approvato alcun provvedimento a favore del colosso californiano.