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Ristorazione, Fipe: fatturato a livelli pre Covid non prima del 2023 per 6 imprese su 10

(Teleborsa) – Il fatturato della ristorazione non tornerà ai valori pre Covid fino al 2023 per 6 imprese su 10. E, a causa del clima di sfiducia che si è sviluppato attorno al settore, sono scomparsi 194mila posti di lavoro dal 2019 a oggi, la maggior parte dei quali con contratti a tempo indeterminato. Con il 21% delle imprese lamenta di aver perso manodopera professionalizzata e formata. Inoltre, dopo l’emergenza Covid, adesso l’impennata dei costi di materie prime ed energia paralizza il settore della ristorazione: l’87% degli imprenditori ha registrato un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari. Rimangono tuttavia contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: nel febbraio 2022 lo scontrino medio e’ salito solo del 3,3% rispetto a un valore generale dei prezzi aumentato del 5,7%. Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.

A illustrare lo stato di salute del comparto è l’ufficio studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, nel suo tradizionale rapporto annuale, realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab, presentato a Roma alla presenza del presidente Lino Enrico Stoppani e di Romina Mura, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. La tempesta perfetta che da oltre due anni si sta abbattendo sui pubblici esercizi non accenna quindi a placarsi: mentre le restrizioni imposte per il contenimento della pandemia stanno ancora facendo sentire i loro effetti, l’improvviso e perdurante rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia sta determinando una incertezza crescente tra gli imprenditori. Quello che doveva essere l’anno della ripartenza, il 2021, ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese, i cui fatturati sono cresciuti, mai però più del 10%.

Per il 73% degli imprenditori, invece, il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi. Gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalente al 27,9%. Per il secondo anno consecutivo, spiega Fipe, si conferma la forte frenata della nascita di nuove imprese, 8.942 nel 2021, a fronte di un’impennata delle cessazioni di attività, 23mila. Tra 2020 e 2021 le imprese che hanno chiuso i battenti sono oltre 45mila.

Sul fronte Green Pass, secondo i dati di Fipe-Confcommercio e Format Research il 72% delle imprese ha dovuto registrare qualche inconveniente, in particolare per richiesta di esibizione del certificato. Ma è quasi irrilevante il numero di imprese sanzionate per non aver chiesto il certificato verde ai clienti (solo lo 0,8% e’ stata multata per l’omissione, a fronte di controlli estesi a oltre il 55% dei pubblici esercizi italiani).

“Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta avendo e continuera’ ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività – il presidente di Fipe Lino Stoppani – sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia e sia per l’effetto domino sui flussi turistici, linfa vitale per il nostro settore. Stante così la situazione non è più rinviabile l’eliminazione delle misure restrittive adottate in Italia per mitigare la Pandemia”.

Stoppani chiede che le misure restrittive siano cancellate per la ristorazione, “anche per ricostruire un clima di fiducia in grado di riavviare i consumi in forte sofferenza. Alle emergenze prezzi e consumi se ne aggiunge una terza, l’occupazione. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttivita’ ed attrattività”. “Senza produttività – aggiunge il presidente di Fipe – non si fanno investimenti, non si attraggono capitali e non si remunera meglio il lavoro. E senza attrattività non si investe nelle sue professioni, creando i problemi di reperimento del personale che le aziende denunciano. Ma quello che manca è una vera politica di settore che ne riconosca il valore per lo sviluppo del Paese. Su questo obiettivo concentreremo la nostra iniziativa e il nostro impegno”.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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