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PIL e consumi, Confcommercio rivede stime al rialzo

(Teleborsa) – Confcommercio rivede al rialzo le stime di crescita del PIL e dei consumi al 2,5%, con un incremento dello 0,4% rispetto alla precedente stima. I nuovi dati, forniti dall’ufficio studi della Confederazione e presentati nel corso dell’assemblea annuale, indicano per l’inflazione un valore al 6,3%. A livello regionale, l’ufficio studi di Confcommercio vede confermata la consueta dicotomia Nord-Sud: tra il 1996 e il 2019 il PIL reale del Mezzogiorno è cresciuto in termini cumulati solo del 3,4%, valore inferiore di quasi cinque volte rispetto alla media nazionale (15,3%) e di quasi otto volte rispetto alla ripartizione più performante, cioè il Nord-Est(23,8%). In valore assoluto, nel 2022 il Pil pro capite al Sud è quasi la metà di quello del Nord: 20.900 euro contro i 38.600 euro del Nord-Ovest e i 37.400 euro del Nord-Est.

Confcommercio stima un ritorno dei consumi ai livelli prepandemici solo nel 2023. La crescita registrata nel 2021 del 5,4% dei consumi, comprensivi della spesa del turismo estero, spiega l’ufficio studi, ha permesso solo un parziale recupero di quanto perso nel 2020 (-11,5%) e solo nel 2023 si prevede un completo ritorno ai livelli pre-pandemia, anche grazie ad un riassorbimento delle tensioni inflazionistiche(+2,9%). A livello regionale, prosegue l’ufficio studi, si conferma il progressivo spostamento di quote di spesa dal Sud al Nord: tra il 1996 e il 2019, infatti, la crescita dei consumi per abitante nel Meridione (+5%) è risultata molto più contenuta di quella registrata nelle altre aree del Paese (+14,6% Nord-Ovest, +12,3% Nord-Est, +12% Centro). Solo il Molise (+18,9%) e la Basilicata(+18,3%) sono state in grado di crescere a ritmi in linea con il resto del Paese, mentre Regioni di peso, come la Campania (-0,2%) e la Puglia (+2,1%), hanno evidenziato molte difficoltà. In valore assoluto, nel 2022 i consumi pro capite al Sud sono pari a 15.100 euro contro gli oltre 21mila euro del Nord e i 19.800 euro del Centro.

Sul piano occupazionale, prosegue l’ufficio studi di Confcommercio, la variazione cumulata tra il 1996 e il 2019, a fronte di una media nazionale del +6,5%, registra andamenti decisamente brillanti del Nord-Est (+13%) e del Centro (+12,6%) e una contrazione di quasi tre punti nel Mezzogiorno(-2,7%), “maglia nera” per Calabria (-8,5%) e Campania (-5,8%). A livello nazionale, nel 2020 la contrazione degli occupati ha sfiorato i 2,5 milioni di unità e la crescita attesa di circa 2 milioni di unità, nel biennio 2021-22, non consentirà di recuperare i livelli occupazionali del 2019. A livello regionale, tra il 2019 e il 2022, il Nord e il Centro registrano una flessione cumulata di oltre il 2%, in controtendenza il Mezzogiorno che evidenzia una migliore performance del mercato del lavoro anche grazie alla ripresa dei flussi turistici.

Il tasso di natalità delle imprese, nonostante una ripresa nel corso del 2021 (+6,5%), vede confermato il trend di riduzione, con l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali che resta inferiore ai livelli del 2019 (+6,9%). . Il Nord-Est è l’area con il più basso tasso di natalità (+5,9%), mentre il Nord-Ovest, trainato dalla Lombardia, è quella più dinamica (+6,8%). Le Regioni “record” risultano essere il Lazio, con il maggior tasso di natalità a livello nazionale (+7,5%), e la Basilicata con la crescita più bassa (+5,2%).

Quanto al calo demografico “rappresenta un rischio per le prospettive di crescita”. Spiega Confcommercio -: nel 2022 la popolazione italiana si è ridotta di 824 mila unità rispetto al 2019, di cui il 60% concentrato nel Mezzogiorno (Molise, Calabria e Basilicata le Regioni con i maggiori cali percentuali); tra il 1996 e il 2019 la popolazione del Nord è cresciuta del 9,3%, quella del Sud si è ridotta del 2%. La progressiva perdita di capitale umano in quest’area rischia di comprometterne le già difficili prospettive di crescita nel medio-lungo termine.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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