(Teleborsa) – L’INPS dovrebbe meglio definire le proprie “modalità di rendicontazione, non solo contabile, che devono avere come paradigma la trasparenza, la neutralità e la asetticità da condizionamenti politici”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, Guglielmo Loy, nella sua relazione di fine legislatura. “Un istituto autorevole è vissuto dai cittadini come efficiente strumento di inclusione sociale, di sostegno al lavoro e alla crescita – ha aggiunto – Sorprende, e preoccupa, quindi il ritardo con cui si sta procedendo alla costruzione di un sistema accessibile di Open data. La trasparenza richiede una attenzione particolare alla gestione del patrimonio immobiliare, a proposito del quale il CIV ha più volte rilevato i ritardi nella attuazione del Piano di investimenti/disinvestimenti, al fine di riportare prioritariamente le sedi dell’istituto in edifici di proprietà”.
Con specifico riferimento ai crediti, Loy ha puntualizzato che il CIV ha espresso più volte l’esigenza di una innovazione normativa relativa al processo di affidamento agli agenti della riscossione dei crediti, “per i riflessi rilevanti sul bilancio della cristallizzazione di quelli vetusti e quindi, sostanzialmente, un’innovazione normativa volta a consentire all’Istituto di cancellare dal bilancio i crediti divenuti inesigibili. Un progetto di ridisegno di tale materia è urgente e indifferibile, poiché gli accantonamenti al Fondo equivalgono al risultato di esercizio del bilancio complessivo dell’istituto”.
“La verifica periodica trimestrale sulla attività dell’Istituto è – afferma Loy – doverosa sia sull’andamento finanziario che sull’andamento produttivo”. Ciò significa, secondo il CIV, comprendere in tempo reale la domanda di tutela e di sostegno dei lavoratori, dei pensionati, dei cittadini e delle imprese e quale deve essere la risposta dell’Istituto in relazione a tali domande. Non è invece ancora pienamente recepito l’allarme che il CIV ha da tempo lanciato sul contenzioso amministrativo e giudiziario che comporta costi per l’Istituto “dai 200 ai 230 milioni di spese giudiziarie ogni anno. Una cifra pari a poco meno del 10% di tutte le risorse disponibili per le spese di funzionamento dell’INPS al netto del costo per il personale. Una cifra che da sola basterebbe a considerare patologico il fenomeno”. Secondo Loy infine l’autonomia dell’Istituto “si valorizza e si difende anche evitando pericolose ingerenze, da parte dello stesso, nel dibattito e nei processi decisionali e legislativi su materie delicate e socialmente molto esposte, come nel caso delle pensioni o su questioni non pertinenti l’attività dell’Istituto come, ad esempio, sul salario minimo o sull’autocandidatura dell’INPS a soggetto gestore della Previdenza integrativa”.
L’età pensionabile
In Italia “l’età pensionabile risulta ormai elevata e in crescita sostenuta“, si legge nella relazione di fine mandato del CIV. Per quanto concerne l’età media al pensionamento, le elaborazioni sui dati raccolti dal CIV mostrano che – prendendo a riferimento unicamente le pensioni anticipate e di vecchiaia – l’età di ritiro fra i dipendenti privati è attualmente pari a 64,1 e 63,2 anni, rispettivamente per donne e uomini. Valori simili (63,9 e 63,5 per donne e uomini) si osservano nel pubblico impiego, mentre l’età di pensionamento effettiva è più elevata (64,8 e 64) nelle gestioni autonome INPS. Questi dati “smentiscono chiaramente la retorica di chi ritiene ancora limitata l’età di ritiro in Italia grazie alle presunte troppe scappatoie che verrebbero offerte dalla nostra disciplina pensionistica – si legge nel documento – D’altro canto, il dato medio può nascondere profonde eterogeneità nella capacità dei diversi individui a proseguire l’attività, sulla base di stato di salute, tipo di lavoro svolto, difficoltà occupazionali, carichi familiari. Ed è proprio di questa eterogeneità che il legislatore dovrebbe preoccuparsi al più presto, sia offrendo effettive opportunità di scelta sul momento in cui pensionarsi, senza tuttavia alterare gli equilibri dei conti pubblici, sia tutelando lavoratori e lavoratrici meno avvantaggiate, sulla base di considerazioni sia di equità che di efficienza produttiva.
Opzione donna e Quota 100
Sono oltre 144 mila le lavoratrici donne che sono andate in pensione tra il 2012 e fine settembre del 2021 grazie a Opzione donna, misura che consente di anticipare la pensione calcolando l’assegno interamente con il sistema contributivo per chi ha un’età minima (58 anni le dipendenti e 59 anni le autonome l’anno scorso e quest’anno al quale si aggiunge poi un anno di finestra mobile) e almeno 35 anni di contributi. In particolare, nei primi nove mesi del 2021 hanno usufruito della misura 15.003 lavoratrici.
Sono invece oltre 355 mila le pensioni con Quota 100 (almeno 62 anni di età e 38 di contributi) accolte dall’Inps tra il 2019 e settembre 2021 per 19,592 miliardi di oneri accertati. Oltre i due terzi (244.339) delle domande accolte hanno riguardato uomini e poco più del 31% donne (110.972). La spesa tra il 2019 e il 2021 è stata pari a 11,8 miliardi, mentre gli oneri accertati per la misura sono 19,592 miliardi, pari a meno della metà del fabbisogno inizialmente stimato dal Decreto 4 del 2019 (46,3 miliardi).
Le pensioni di invalidità
Nel 2020 le prestazioni di invalidità civile vigenti in Italia erano 3.179.237 (1.014.779 pensioni e 2.164.458 indennità di accompagnamento) pari a 5,3 ogni 100 residenti. La percentuale cambia a seconda del territorio con il 3,9% degli abitanti al Nord che ricevono questa prestazione a fronte del 7,3% al Sud e le Isole e del 5,6% al Centro. La Regione che ha la percentuale più alta di prestazioni per abitanti è la Calabria (8,9%) mentre quella che l’ha più bassa è l’Emilia Romagna con il 3,7%. Gli invalidi civili sono nel complesso 2.772.238. Tra questi 607.780 hanno solo la pensione, 1.757.459 solo l’indennità di accompagnamento e 406.999 entrambe le prestazioni.