(Teleborsa) – Nelle 12.780 istituzioni pubbliche che risultano attive al 31 dicembre 2020 prestano servizio 3.601.709 unità di personale, di cui 3.396.289 dipendenti (pari al 94,3% del personale) e più di 205mila (il restante 5,7%) occupati con altre forme contrattuali (collaboratori coordinati e continuativi o a progetto, altri atipici e temporanei). Le politiche di contenimento della spesa pubblica e di limitazione del turnover dei dipendenti, che hanno caratterizzato quasi per intero l’ultimo decennio, hanno determinato modifiche al livello e alla composizione dell’occupazione. Tra il 2011 e il 2020 i dipendenti aumentano complessivamente del 2,5% in conseguenza del notevole incremento del numero di contratti a tempo determinato (+58,9%, +145 mila unità circa), a fronte di un calo del 2,8% dei dipendenti a tempo indeterminato (-73 mila unità circa). È quanto emerge dal censimento Istat sulle istituzioni pubbliche 2020.
Considerando la distribuzione del personale in servizio nel settore pubblico, il 56,1% dei dipendenti si concentra nell’Amministrazione centrale, che comprende, tra gli altri, il personale delle scuole statali e delle forze armate e di polizia. Il 20,1 % dei dipendenti pubblici è occupato nelle Aziende o Enti del Servizio sanitario nazionale, il 10,2% nei Comuni (6 istituzioni pubbliche su 10). Il restante 13,6% è occupato nelle altre tipologie di forme giuridiche.
In relazione al tipo di contratto, il personale in servizio si articola in 2.974.360 dipendenti a tempo indeterminato (l’82,6% del personale occupato nelle istituzioni pubbliche), 421.929 dipendenti a tempo determinato (l’11,7%) e 205.420 non dipendenti (il 5,7%).
I dipendenti a tempo determinato rappresentano il 15,7% del personale in servizio presso le Amministrazioni dello Stato e presso le Province e città metropolitane. Le restanti tipologie istituzionali presentano valori sotto la media (11,7%). Nelle università i dipendenti a tempo determinato pesano relativamente poco (6,4%), anche perché è elevata l’incidenza di personale con contratto non dipendente (44,2%).
Con riferimento al genere, le donne occupate nella pubblica amministrazione superano i 2 milioni e rappresentano la componente maggioritaria, con una quota pari al 58,5% del personale in servizio. La più elevata presenza di donne si conferma negli enti del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) con il 67,6%, il valore più basso nelle Università pubbliche (49,6%) e nelle Regioni (51%). Analizzando il tipo di contratto, la quota maggiore di tempi determinati si riscontra tra le donne (13,6% contro 9,1%).
Ai vertici delle istituzioni pubbliche la presenza femminile è, tuttavia, limitata anche nel 2020: le donne sono infatti solo il 15,7% sebbene in aumento rispetto agli anni 2015 e 2017 (14,4%). La quota femminile arriva al 17,9% negli Enti pubblici non economici, tra cui spiccano gli Istituti pubblici di assistenza e beneficienza, istituzioni tipicamente a forte vocazione femminile, e gli Ordini e i collegi professionali, con poco più di 2 donne su 10. Seguono le Altre Forme Giuridiche (17,7%), con le Aziende pubbliche di servizi alle persone in cui le donne occupano posizioni di vertice in 2,6 casi su 10. A pochissima distanza si collocano le Amministrazioni centrali dello Stato (17,6%), con i Ministeri che vedono le donne occupare quasi 3 posizioni di vertice su 10. La quota femminile più bassa si registra nelle Regioni (7,5%) e nelle Province e Città metropolitane (5,8%), in entrambi i casi in calo rispetto alle annualità delle due rilevazioni precedenti. A livello territoriale le differenze sono significative. Nel Mezzogiorno si rilevano i livelli più bassi di presenze femminili ai vertici delle istituzioni (11,4%) e al Nord-est quelli più alti (19,4%). Tra le regioni, l’incidenza più bassa si osserva in Campania (7,2%) e la più elevata in Friuli Venezia Giulia (21,8%, in crescita di quasi 7 punti rispetto al 2015). Un progresso molto significativo (+6,2 punti) si registra anche in Basilicata, unica regione del Sud che nel 2020 si colloca sopra la media nazionale
A livello territoriale, il 46,1% delle unità locali si trova nelle regioni del Nord, anche in conseguenza dell’elevato numero di comuni presenti in Lombardia e Piemonte. Nelle stesse regioni è rilevante sia la presenza femminile tra gli occupati della PA (63,9% nel Nord-ovest e 63,5% nel Nord-est contro 58,5% della media nazionale), sia quella di personale non dipendente, superiore alla media nazionale. Anche per i tempi determinati si riscontrano valori più elevati nelle regioni del Nord, in particolare nelle Province autonome di Bolzano (17,9%) e Trento (16,4%), mentre le regioni del Sud si attestano su valori di poco inferiori al 10%.
Fanno parte del settore delle Amministrazioni pubbliche (Settore S13) 9.780 unità istituzionali, pari al 77,2% del totale delle unità censite, in cui si concentra oltre il 98% dei dipendenti. Le Istituzioni pubbliche extra S13 sono 2.910, tutte appartenenti ai raggruppamenti di forma giuridica Ente pubblico non economico e ad Altra forma giuridica. Si tratta di Ordini e Collegi Professionali, ACI, aziende speciali di servizi alle persone, di edilizia abitativa, consorzi di diritto pubblico e altre unità aventi natura giuridica pubblicistica non comprese nella lista S13.
I Comuni sottoposti a commissariamenti – In Italia, alla data del 31 dicembre 2020, erano sottoposti alla procedura di commissariamento 119 comuni. Si tratta di amministrazioni locali in cui il mandato del sindaco e del consiglio comunale finisce prima del termine di 5 anni e che quindi vengono gestite da un commissario straordinario fino a nuove elezioni. Tra i comuni commissariati, il 47,9% si trova nel Sud e il 26,9% nelle Isole. La Calabria e la Sicilia sono le regioni più coinvolte, entrambe con 23 commissariamenti che rappresentano circa il 40% del totale dei casi. Seguono la Campania con 17 (il 14,3% del totale) e la Puglia e la Sardegna, entrambe con 9 commissariamenti. Nel 2020 il fenomeno dei commissariamenti nelle amministrazioni locali assume una dimensione più contenuta sia rispetto al 2015 (125 comuni), sia soprattutto rispetto al 2017 (154), evidenziando una variazione percentuale del -22,7% nel periodo 2017-2020 e del -4,8% nel periodo 2015-2020. La dinamica decrescente si spiega per effetto della riduzione dei comuni sottoposti a procedura straordinaria principalmente nel Centro e nel Nord-ovest.
Sicurezza informatica – Sul fronte della sicurezza informatica, nel 2020 le istituzioni pubbliche più colpite da attacchi informatici sono le Università (64,3%), gli Organi centrali dello stato (61,8%) e le Giunte e consigli regionali (50%), a fronte di una media del 7,9%. A seguito degli attacchi, il 5,4% delle IP ha subito danni, circa 4 su 10 nel caso di Amministrazioni dello stato e Università pubbliche. Le tipologie istituzionali più digitalizzate e più esposte al rischio di attacchi informatici sono anche quelle che hanno messo in atto e combinato il maggior numero di misure di sicurezza adottabili per fronteggiare i rischi e i danni subiti.
Gestione ecosostenibile – Nel biennio 2019-2020 il 15,6% delle istituzioni pubbliche hanno adottato forme di rendicontazione sociale e/o ambientale (16,1% nel 2016-2017). Questi documenti sono prodotti dalle Amministrazioni pubbliche su base volontaria, con cadenza variabile, per rendere trasparente l’orientamento delle spese in un’ottica di sostenibilità. A livello di forma giuridica, spiccano gli Enti pubblici non economici (35,3%), che seppur con una lieve diminuzione (-1,6 punti percentuali), mantengono valori oltre il doppio della media delle istituzioni pubbliche, seguiti dalle Università pubbliche (24,3%), che registrano un incremento di 6 punti percentuali rispetto al periodo precedente. La rendicontazione è meno diffusa e in diminuzione presso Comunità montane e unioni di comuni (6,9%), Province e città metropolitane (7,7%) e Comuni (8,3%). Sul territorio, la rendicontazione sociale e/o ambientale è più frequente in Emilia-Romagna, Umbria e Sicilia (sopra il 20%) e meno in Piemonte, Lombardia e Veneto (sotto il 13%). Rispetto al 2016-2017 la riduzione è di entità maggiore nel Nord-est e nelle Isole (-2 p.p.) mentre è in lieve aumento al Centro e al Sud (+0,3 e +0,7 p.p.), soprattutto in Abruzzo (+2,2 p.p.), Molise (+2,1 p.p.), Lazio e Campania (entrambi +1,6 p.p.) e Calabria (+1 p.p.).