(Teleborsa) – Il super dollaro riprende la sua corsa e schiaccia l’euro e la sterlina su nuovi minimi pluriennali. E’ l’effetto delle differenti politiche e tempistiche delle banche centrali, che dopo anni di tassi a zero, hanno invertito con decisione la rotta, unite contro un comune nemico: l’inflazione.
Sterlina buca anche soglia 1,13
La sterlina, dopo aver tentato una risalita a 1,1360 USD, si è portata nel pomeriggio su nuovi minimi di 1,1266 USD, con un avvitamento al ribasso che negli ultimi giorni l’ha portata prima a bucare la soglia di 1,14 e poi anche 1,13 USD. A giustificare il deprezzamento del pound l’annuncio di un aumento dei tassi di interesse di 50 punti base da parte della Bank of England, che ha ridotto le previsioni sull’inflazione, prospettando un picco più basso del previsto.
Per gli analisti di BlueBay Asset Management “i membri principali del Comitato di politica monetaria, tra cui Bailey, hanno optato per un approccio più calmo e misurato” ed “il rischio principale di questa strategia è che la BoE non stia facendo abbastanza in questo momento, con ripercussioni soprattutto sul canale dei cambi: se la sterlina dovesse scendere ulteriormente, aumenterebbero le pressioni affinché la banca centrale britannica faccia un passo più ampio a novembre”.
I tassi UK, ora al 2,25%, sono ancora distanti dal 3-3,25% raggiunto dai tassi USA. L’incontro della BOE segue infatti il più fruttuoso meeting di politica monetaria della Fed, che ieri sera ha annunciato un nuovo aumento di 75 punti base, portando i Fed Funds su una banda di oscillazione del 3-3,25% e rivedendo le stime di crescita, inflazione ed i dot plot. La strada per abbattere l’inflazione – ha lasciato intendere il Presidente Jerome Powell – è ancora lunga e la banca centrale non si fermerà finché non avrà assoggettato completamente l’inflazione.
Euro a minimi ventennali e sotto la parità
E veniamo ora all’euro che è crollato nuovamente al di sotto della parità contro dollaro, posizionandosi a 0,9848 USD ai minimi degli ultimi vent’anni. La moneta unica in mattinata ha toccato un minimi a 0,9809 USD, il livello più basso da dicembre 2002. A differenza del biglietto verde e del British pound, la valuta europea sconta anche gli effetti della guerra in Ucraina, delle sanzioni imposte alla Russia e della controffensiva di Mosca sul gas, che ha provocato una crisi energetica senza precedenti.
La BCE conta di fare di più
In più, lo storico pragmatismo della BCE ha ampliato lo spread dei tassi fra Stati Uniti ed Europa, a svantaggio della moneta unica, che cede ancora il passo al dollaro. All’ultimo meeting di politica monetaria, la BCE ha deciso di alzare i tassi di 75 punti base portandoli all’1,25%, dopo aver accumulato un certo ritardo rispetto a BoE e Fed. Il bollettino economico pubblicato stamattina conferma che a BCE prevede di aumentare ulteriormente i tassi di interesse nelle prossime riunioni, per frenare la domanda e mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative d’inflazione”.
Frattanto, il membro del Board Isabel Schnabel, in una intervista rilasciata alla testata “t-online”, ha lanciato un monito ai governi europei, indicando che misure di sostegno a pioggia, in questa fase, “possono stimolare la domanda e spingere a rialzo l’inflazione” e la Bce sarebbe dunque costretta a “far salire i tassi di interesse anche più su” di quanto atteso.
Ma le previsioni sono troppo ottimistiche…
“Non pensiamo che la BCE manterrà l’atteggiamento decisamente da falco espresso durante la riunione di giovedì scorso”, afferma Gerro Jung, Chief Economist di Mirabaud AM, indicando che l’Eurotower, contrariamente a quanto affermato dalla Presidente Lagarde, si prenderà “una pausa” dopo un altro rialzo dei tassi a ottobre, “poiché la situazione economica nel quarto trimestre si sarà deteriorata in modo significativo”. “A nostro avviso, le previsioni della Banca Centrale europea sono ottimistiche – afferma l’analista – perché escludono una recessione”.
L’immobilismo Bank of Japan
La Bank of Japan, infine, si conferma la più prudente fra le banche centrali, poco avvezza all”inflazione, più preparata su un quadro deflazionistico. Al termine del meeting di politica monetaria ha mantenuto una politica monetaria accomodante e non si è decisa ancora ad alzare i tassi di interesse, piuttosto ha preferito intervenire a difesa dello Yen, che continua a deprezzarsi ed ha perso già il 20% del suo valore. Una mossa che è stata giudicata inutile di fronte alle politiche delle altre banche centrali e che costringerà anche i banchieri nipponici a cambiare strada,