(Teleborsa) – Negli ultimi vent’anni le aziende vitivinicole italiane si sono ridotte di oltre 500 mila unità, ma la superficie vitata ha tenuto (-11%, con -1% nell’ultimo decennio) e le 255 mila aziende rimaste (erano 791 mila nel 2000) sono oggi più strutturate, con una superficie media degli ettari vitati in crescita del 174%. È quanto emerge da un’analisi dell’Osservatorio di Unione italiana vini sull’ultimo censimento agricolo dell’Istat aggiornato al 2020.
Rispetto a venti anni fa, la numerosità delle aziende è calata con maggior evidenza al Centro (-75%), con trend sopra la media anche nel Nord Ovest (-70%). Tra le regioni, la Campania – che nel 2000 vantava il maggior numero di compagini (86 mila) – oggi ne conta poco più di 22 mila con un calo del 74%; ancora maggiore la riduzione nel Lazio (-83%). La Puglia è la regione con il maggior numero di imprese (36 mila), seguita dalla Sicilia (30 mila) e dal Veneto (27 mila).
“L’Italia sta progressivamente strutturando le proprie imprese vinicole nel rispetto delle varietà produttive, che sono la vera ricchezza del nostro vino – ha commentato il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi – La strada è quella giusta, anche se manca ancora molto per avvicinarsi alla superficie media dei nostri principali competitor, come Australia, Usa e Nuova Zelanda o, più vicino a noi, di una Francia che conta una dimensione media per azienda di 5 volte superiore alla nostra”.
Gli appezzamenti sono in media più grandi al Nord, dove la superficie media della vigna è di 3,4 ettari, contro una media nazionale a 2,5 (erano 0,9 nel 2000 e 1,6 dieci anni dopo). Guardando alla superficie vitata, i picchi si riscontrano in Friuli Venezia Giulia (5,5 ettari), poi, 4 in Lombardia 3,8, in Veneto (che ha la crescita maggiore: +295%), 3,6 in Toscana, 3,4 in Piemonte.
Secondo l’Unione italiana vini, sono 255.000 le aziende viticole, che rappresentano il 23% del totale delle imprese agricole (1,1 milioni) censite da Istat. Nella classifica per incidenza vino sul totale imprese, si piazza la primo posto il Trentino con un impatto del 43%, seguito dal Veneto, al 32%, e dalla Toscana ed Emilia-Romagna (31%). Ben sopra la media anche Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Campania, Umbria e Marche.