(Teleborsa) – L’inflazione USA è rallentata, attestandosi all’8,5% a luglio, rispetto al picco assoluto del 9,1% toccato nel mese di giugno, ma la crescita dei prezzi, anche così, risulta la più alta degli ultimi 50 anni e costringerà la Fed a nuovi rialzi dei tassi di interesse per raffreddarne la crescita.
Il dato però, preannuncia un atteggiamento meno aggressivo della Fed, che probabilmente a settembre si limiterà ad un ritocco di 50 punti base anziché di 75 punti come fatto in precedenza. Ma cosa ne pensano i membri della banca centrale?
Il presidente della Fed di Chicago Charles Evans ha parlato di una lettura “positiva“, ma ha ammesso che l’inflazione è ancora “inaccettabilmente” alta ed ha indicato che la Fed dovrà ancora aumentare i tassi di interesse al 3,25-3,5% entro la fine del 2022 ed al 3,75-4% entro la fine del 2023. Dal momento che i tassi di interesse sono attualmente al 2,25-2,50%, ciò implica che basterebbe un aumento di 100 punti da qui a dicembre, di cui 50 punti già attesi per la riunione di settembre.
Anche il presidente della Fed di Minneapolis Neel Kashkari ha avvertito che la banca centrale statunitense è ancora “lontana dal dichiarare vittoria” sull’inflazione ed ha una linea più austera di Evans, prospettando un aumento die tassi al 3,9% entro la fine dell’anno ed al 4,4% entro la fine del 2023.
Gli fa eco la “collega” della Fed di San Francisco Mary Daly, che non esclude un altro aumento di 75 punti a settembre. “L’inflazione rimane troppo alta e non vicino al nostro obiettivo di stabilità dei prezzi”, commenta la banchiera in una intervista al Financial Times.