(Teleborsa) – La crescita dell’inflazione statunitense è stata del 7,5% a gennaio 2022, su base annuale, superiore al +7% del mese precedente e al +7,3% atteso dal mercato. L’ulteriore aumento dei prezzi al consumo, ora ai massimi da febbraio del 1982, ha spinto in ribasso il mercato azionario, con i titoli tecnologici colpiti duramente. Intanto, rendimenti dei titoli di Stato sono aumentati notevolmente, con il Treasury statunitense a 10 anni che ha toccato il 2%, il massimo da agosto 2019. La lettura dell’inflazione più alta del previsto ha spinto il presidente della FED di St. Louis, James Bullard, a chiedere un aumento accelerato dei tassi, in particolare un aumento di un intero punto percentuale entro l’inizio di luglio.
“Con un altro aumento a sorpresa dell’inflazione a gennaio, i mercati continuano a essere preoccupati per una FED più aggressiva – ha fatto notare Barry Gilbert, asset allocation strategist di LPL Financial – Anche se le cose potrebbero iniziare a migliorare da qui, l’ansia del mercato per un potenziale restringimento eccessivo della FED non andrà via fino a quando non ci saranno chiari segnali che l’inflazione sta andando sotto controllo”.
Secondo Filippo Casagrande, Head of Insurance Investment Solutions presso Generali Asset & Wealth Management, l’ulteriore aumento dell’inflazione, unito al calo della disoccupazione, “ha convinto la Federal Reserve ad accelerare il processo di normalizzazione della politica monetaria: già nel meeting di gennaio la FED ha dato indicazione per un rialzo dei tassi ufficiali al prossimo marzo, con il mercato del reddito fisso che è arrivato a prezzare fino a 6-7 rialzi nel corso del 2022“.
Per quanto riguarda la politica monetaria, “questo dato rafforza sicuramente la probabilità che la Federal Reserve aumenti i tassi di 50 punti base a marzo, e coerentemente il mercato ora prezza una probabilità del 50%”, ha commentato Tiffany Wilding, economista esperta di America Settentrionale di PIMCO. “Tuttavia, continuiamo a pensare che la FED preferirebbe un aumento sequenziale ad ogni riunione, invece di un aggiustamento più brusco – ha aggiunto – Inoltre, se i dati delle carte di credito che usiamo per prevedere le vendite al dettaglio si rivelano giusti, la combinazione dei dati dell’CPI e delle vendite al dettaglio suggerisce che la capacità di passare oltre ulteriori aggiustamenti dei prezzi potrebbe andare scemando. Ciononostante, questo dato preoccupa sicuramente la FED e rende difficile per loro respingere quanto scontato dal mercato. Come minimo, i dati di oggi consolidano la nostra aspettativa che la FED inizierà probabilmente ad aumentare i tassi al ritmo di una volta per riunione“.