(Teleborsa) – Dopo un 2021 record per l’M&A, le aspettative di inizio anno erano che i bilanci aziendali solidi e lo spostamento delle priorità di allocazione del capitale avrebbero sostenuto un sano contesto di fusioni e acquisizioni. Nel primo trimestre del 2022 lo scenario macro è stato completamente stravolto, soprattutto a causa della guerra e della combinazione alta inflazione-rialzo dei tassi. Ciò nonostante, secondo i livelli di M&A osservati in questi mesi sono stati comunque interessanti.
“Una confluenza di rendimenti in aumento e rallentamento della crescita ha creato un contesto di finanziamento meno favorevole, ben illustrato dai cali anno su anno dei volumi complessivi di nuove emissioni – si legge in un nuovo report della banca d’affari sul tema – Detto questo, i volumi di fusioni e acquisizioni hanno tenuto bene finora, nonostante i costi di finanziamento più elevati, un forte calo della fiducia del CEO e l’elevata incertezza macroeconomica”.
La quota di fusioni e acquisizioni “sponsor-driven“, ovvero quelle dove tipicamente interviene una società di private equity, ha rappresentato il 42% dei volumi da inizio anno, simile al 2021, ma ben al di sopra dei livelli registrati da almeno 25 anni, “un fenomeno che attribuiamo ai livelli record di liquidità accumulata e la necessità per gli acquirenti strategici di far fronte a un peggioramento delle prospettive”, afferma Goldman Sachs
L’attività di M&A di tipo “leveraged buy-out” (LBO), ovvero acquisizioni attraverso debito,ha registrato una forte ripresa dall’inizio dell’anno, sulla buona strada per eguagliare i livelli del 2021.
La resilienza dei deal di M&A di fronte agli elevati rischi macro “suggerisce che i dirigenti rimangano concentrati su una delle tante lezioni chiave della pandemia: l’importanza di rafforzare e diversificare i mix aziendali per resistere a grandi shock macroeconomici”, secondo la ricerca.
Inoltre, evidenzia la volontà delle aziende di sacrificare i fondamentali per rafforzare la resilienza aziendale a breve termine, anche se le continue pressioni sui margini spingono a una maggiore leva finanziaria nell’incombente recessione. La propensione per le fusioni e acquisizioni è presente in tutti i settori, sebbene la tecnologia rappresenti ancora la quota maggiore con il 31%, la quota più alta almeno dal 2010.
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