(Teleborsa) – Pandemia, guerra, ma anche crisi energetica e climatica: “tutte e quattro le crisi influenzano un’economia mondiale che sta perdendo rapidamente i suoi caratteri di globalità e riducendo altrettanto rapidamente le proprie capacità di crescita”. È questo il messaggio al centro del Rapporto Il mondo post globale, realizzato dal centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi e presentato oggi a Milano – che prosegue l’esperienza venticinquennale del Rapporto sull’economia globale e l’Italia.
In particolare, gli avvenimenti recenti “hanno messo a nudo la vulnerabilità energetica del Vecchio Continente e, di concerto, la difficoltà a realizzare gli obiettivi verdi, pur culturalmente molto appetibili”, avverte il Rapporto, che prosegue l’esperienza venticinquennale del Rapporto sull’economia globale e l’Italia. “E poiché il mondo non aspetta, l’Europa dovrà in tempi brevi occuparsi, a fianco a queste tematiche, anche di coordinamento sanitario, di supporto alla disoccupazione e ai giovani, di forze armate. E della
revisione dei Trattati”. Inoltre, “le criticità politiche ed economico-industriali che stanno emergendo dal conflitto ucraino, accanto alla ricomparsa di dinamiche inflattive, che le economie mature non sperimentavano da decenni, non possono non influire, tra l’altro, sugli obiettivi fissati dalla Recovery and Resilience Facility delineata dalla Commissione europea e di cui l’Italia è la principale beneficiaria”.
Più nel dettaglio, il rapporto, curato da Mario Deaglio, evidenzia la fragilità del sistema economico globale di fronte ai problemi delle catene globali del valore emersi con la pandemia e l’ampliamento dei divari tra classi diverse di popolazione; la grave crisi ambientale connessa con l’uso delle risorse energetiche; una accelerazione della tendenza a lavorare da remoto con importanti riflessi sul mercato immobiliare (uffici e residenziale); l’ordine geopolitico del Pianeta con possibili riflessi sulla globalizzazione e la struttura delle catene globali del valore.
Dal report emerge anche che l”Italia “esprime ambiti d’eccellenza ma resta gravata dalla presenza di troppe micro-imprese, perché i meccanismi regolatori le hanno incentivate a rimanere piccole”. Infatti, “il 92% dei dipendenti privati è occupato in aziende con meno di 50 milioni di fatturato”.
Tra le proposte che vengono avanzate: una riforma fiscale che renda conveniente lavorare e investire; una revisione della disciplina fiscale sulle fusioni che incoraggi le piccole imprese a crescere; l’introduzione del quoziente famigliare nella tassazione diretta e l’introduzione sperimentale della settimana lavorativa di quattro giorni, integrata da attività di formazione a distanza.
Sull’export: “resta, per l’Italia, un driver essenziale, ma il triangolo industriale ha incominciato a segnare il passo – evidenzia il Report -. Se la dinamica delle esportazioni del Nord-Ovest industriale fosse stata la stessa della media di Nord-Est e Italia centrale, l’impulso al Pil italiano sarebbe stato di 6 punti aggiuntivi per ogni decennio; per conseguenza, la distanza media fra la dinamica del PIL europeo e quella del Pil italiano sarebbe stata pari a meno della metà di quella che si è avuta nei fatti”.