(Teleborsa) – “La pandemia ha mostrato in modo drammatico quanto le attività delle amministrazioni pubbliche, a cominciare da quelle legate alla tutela della salute e alle politiche di welfare, dipendano in maniera cruciale dalla qualità dei dipendenti pubblici. Il capitale umano rappresenta il vero nodo critico del Paese, dalla sanità alla tutela dell’ambiente, dal sistema formativo ai servizi sociali. Questa realtà trova conferma nell’implementazione del PNRR che richiede, con urgenza, sostegni mirati di assistenza tecnica alle amministrazioni per le operazioni più complesse di implementazione del piano, quali la preparazione dei bandi per la assegnazione delle opere e dei servizi previsti dalle varie missioni, la progettazione degli interventi diretti e la gestione nel tempo degli investimenti. Un’attività tanto più delicata quando questi interventi siano attuati con forme di partenariato pubblico privato. Le necessità di assistenza sono particolarmente evidenti per le piccole amministrazioni e i piccoli Comuni, molti dei quali sono privi delle competenze tecniche necessarie”. È quanto afferma Tiziano Treu, presidente del Cnel, anticipando i contenuti della “Relazione 2021 al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi offerti dalle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini”, curata dal Cnel, che sarà presentata domani, venerdì 22 aprile 2022 (ore 10.00), a Roma, presso la sede del Cnel (viale Lubin, 2 – sala del Parlamentino). Alla presentazione interverranno Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione; Alessandro Geria ed Efisio Gonario Espa, consiglieri Cnel; Barbara Fabbrini, Carla Collicelli ed Emanuele Padovani, relatori del documento. Seguirà la presentazione del progetto Cnel per la creazione di un modello per la misurazione dei servizi pubblici, introdotto da Mauro Nori, segretario generale Cnel e illustrato da Lucia Biondi, Università Roma Tre; Stefano Pozzoli, Università Parthenope; Americo Cicchetti, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Nel dettaglio la Relazione fotografa la situazione dei servizi pubblici italiani ed è redatta con il contributo di 38 istituzioni e 98 relatori. È articolata in 4 capitoli: “Le Pubbliche Amministrazioni, il contrasto alla pandemia e la ripresa economica”; “I Servizi delle Pubbliche Amministrazioni centrali e l’attuazione del PNRR”; “Le politiche di coesione, l’uscita dall’emergenza e lo sviluppo del Paese”; “I servizi delle Pubbliche Amministrazioni Locali e un’appendice con l’analisi sulle percezioni relative alla qualità dei servizi pubblici condotta da INPS nel 2021”.
Le maggiori criticità sui servizi pubblici locali – “Se sulla salute, l’ambiente e la digitalizzazione dei servizi pubblici nazionali l’Italia ha recuperato tanto rispetto al 2019, restano – rileva il Cnel – molte criticità sui servizi pubblici locali. Il 54% dei Comuni delle regioni a statuto ordinario, ad esempio, possiede livelli di servizi sociali al di sotto degli obiettivi prefissati dai nuovi provvedimenti, molti dei quali sono Comuni di piccole dimensioni (meno di 5mila abitanti) e nelle zone del Sud. Tra questi il servizio di asilo nido continua ad essere la maglia nera del nostro sistema di welfare: sono erogati solo da meno della metà dei Comuni delle regioni a statuto ordinario, ma è anche vero che in diverse regioni la componente privata è particolarmente e storicamente presente. Dunque, il tasso di copertura del servizio (utenti/domanda potenziale) medio d’Italia più Sicilia e Sardegna è pari al 25%, ma con differenze consistenti, da un minimo della Campania al 9% ad un massimo del Lazio al 38%. L’obiettivo a medio termine è quello del tasso di copertura al 28,88%, a lungo termine il 33%. Il post pandemia richiede un ripensamento profondo di questi servizi e una loro migliore distribuzione. Anche sui servizi digitali gli enti locali arrancano. Malgrado gli sforzi per fronteggiare la pandemia puntando sulla digitalizzazione, solo nel 28% degli enti il livello di operatività è massimo. La diffusione del sistema SPID – Sistema Pubblico di Identità Digitale si aggira attorno al 30% in Comuni, province e aziende sanitarie; PagoPA, ossia il metodo di pagamento digitale verso la PA, è giunto ad una elevatissima diffusione, oltre il 90% nel 2021, con alcuni ritardi concentrati nel comparto Sud e isole e nei Comuni con meno di 60mila abitanti. Un dato che trova conferma nell’implementazione del PNRR da parte degli enti locali: il 54% delle amministrazioni comunali è attendista, ha dimostrato poca reattività e prontezza nel modificare i comportamenti in una situazione nuova, accumulando risorse in un periodo in cui avrebbero più propriamente potuto (dovuto) attuare misure anticicliche spendendo le risorse accumulate nel tempo. Nel 42% dei Comuni la spesa corrente indotta dagli investimenti del PNRR potrebbe causare difficoltà di equilibrio strutturale di bilancio; la metà del 42% degli enti con possibile difficoltà di equilibrio di parte corrente (il 19%) ha anche più bassi livelli di efficienza che si annidano soprattutto nei piccoli enti”.
Rivoluzione digitale – “La digitalizzazione rappresenta – sottolinea il Cnel – la sfida più grande, insieme alla transizione ambientale, per la PA centrale e soprattutto locale. L’innovazione necessaria non riguarda solo la applicazione e l’uso degli strumenti digitali, ma le loro implicazioni e ricadute sulla organizzazione degli uffici e del lavoro; ancora a monte postula un cambiamento nella cultura e nei linguaggi degli operatori pubblici, come dei cittadini. Nell’ambito di questa strategia la sottoscrizione tra governo ed organizzazioni sindacali del ‘Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale’ ha rappresentato un passaggio particolarmente significativo confermando la volontà di riconoscere alla Pubblica Amministrazione e al personale impegnato il ruolo di catalizzatore dello sviluppo del Paese. La connettività ha aumentato sia il livello di copertura che la diffusione delle reti; ma sono richiesti ancora importanti investimenti nel settore. Buone performance provengono dalle PMI, che hanno raggiunto un livello di intensità digitale superiore alla media europea. Ma restano ancora da recuperare ritardi rispetto agli standard europei nelle diverse applicazioni delle tecnologie digitali, a cominciare dalla interoperabilità e gestione delle banche dati e dei sistemi informativi, fino al superamento del digital gap da parte degli operatori pubblici come nella stessa società italiana. Se la costruzione del PNRR italiano è stata concepita in modo largamente accentrato, la sua implementazione non potrà che essere decentrata; dovrà coinvolgere la responsabilità e l’intervento diretto di tutte le energie del paese, a cominciare dalle pubbliche amministrazioni che sono investite di ruoli essenziali nella attuazione di tutti i principali progetti del Piano. Il nodo, secondo il Cnel, non risiede più nella mera disponibilità di risorse informatiche da parte delle amministrazioni, siano esse hardware o software, ma nella non sufficiente integrazione nelle procedure informatiche preposte all’offerta on-line, ad esempio in termini di connessione col sistema PagoPA”.
I ritardi nelle semplificazioni – “Fra le sfide più ardue che sta affrontando il nostro sistema pubblico nell’attuazione del PNRR – evidenzia il Cnel – c’è la semplificazione della complessa normativa e della miriade di procedure amministrative necessarie per l’attuazione dei programmi e degli interventi. Quella della semplificazione normativa e procedurale è una questione tanto antica quanto ancora largamente irrisolta. Gli interventi ripetuti di recente con diversi decreti del governo hanno affrontato il tema in modo innovativo e hanno apportato elementi di semplificazioni in non poche procedure critiche anche per l’attuazione del PNRR (in tema di appalti, di autorizzazioni alla esecuzione di opere pubbliche e private). Ma il compito di semplificare e velocizzare senza intaccare le regole necessarie per garantire legalità e sicurezza è difficile e non è ancora concluso. Persistono ancora ostacoli procedurali e in alcuni casi normativi che ostacolano la attuazione di importanti opere e servizi”.
Sanità e benessere – “Le scelte anti-Covid-19 hanno continuato a condizionare l’intera articolazione delle politiche sanitarie. Il 2021 ha confermato, sia il buon livello qualitativo della sanità italiana rispetto al panorama internazionale per durata della vita e condizioni degli anziani con malattie croniche, efficienza gestionale e investimenti in prevenzione, sia criticità ormai storiche del debole finanziamento pubblico, sotto la media europea, del peso significativo e crescente della spesa privata out of pocket a carico dei cittadini, e del non completo rispetto degli obiettivi di equità ed universalismo, come le lacune della medicina territoriale ed extra ospedaliera, la debole integrazione socio sanitaria ed i ritardi della telemedicina. Anche nel caso della sanità, emergono in maniera netta le conseguenze del lungo periodo di mancate assunzioni; come conseguenza di ciò, i tassi di ospedalizzazione e di posti letto per abitante, come pure la disponibilità di infermieri, si collocano su livelli inferiori a quelli di molti Paesi europei. Permangono, come ben noto, – prosegue il Cnel – significative differenze sul piano territoriale. Gli effetti negativi del protrarsi della pandemia si sono riverberati su varie dimensioni del benessere della popolazione: salute, educazione-formazione, lavoro, relazioni sociali. Ciò ha creato una particolare pressione sulle politiche sociali, non solo in termini di intensità, ma anche di complessità delle condizioni da affrontare che richiamano le Amministrazioni Pubbliche interessate a: risposte maggiormente integrate a partire dal sociosanitario; interventi costituiti non soltanto da trasferimenti monetari, ma sempre più dall’erogazione dei servizi di welfare; strategie fondate sulla collaborazione tra tutti gli attori istituzionali e del partenariato economico e sociale (es. i nuovi istituti della co-programmazione e coprogettazione previsti dal Codice del Terzo Settore). Le maggiori criticità persistono nell’assistenza ai soggetti fragili e non autosufficienti. Si può dire – sottolinea il Cnel – che il 2021 non ha cambiato nulla di quanto descritto nella Relazione del 2020 a proposito della condizione dei soggetti, delle famiglie, delle residenze, degli addetti all’assistenza, degli squilibri territoriali. Continua a sorprendere che da tutti i discorsi, documenti, provvedimenti restino fuori i fenomeni quali caregiving e badantato. Sono prevalentemente donne sia le caregiver che le badanti. Queste ultime per la gran parte immigrate”.
La raccolta differenziata in netto miglioramento – “Migliorano gli indicatori relativi alla raccolta differenziata che – fa sapere il Cnel – si attesta sul 70,8% al Nord, il 59,2% al Centro e il 53,6% al Sud, con punte di eccellenza in Veneto, Sardegna, Lombardia e, per quanto riguarda i grandi centri urbani, Parma, Venezia e Milano. Da un lato, nel 2020, la produzione dei rifiuti si è ridotta, sebbene in misura meno che proporzionale rispetto alla riduzione del PIL, -3,6% (rispetto al -9% del PIL reale), raggiungendo i 28,9 milioni di tonnellate, circa 488 kg pro capite. Significative le differenze a livello territoriale. La più alta percentuale di raccolta differenziata è conseguita, analogamente al 2019. La Liguria si pone al 53,4% (stabile rispetto al 2019), il Lazio al 52,5% e la Calabria, con una crescita di 4,3 punti, al 52,2%. Al di sotto del 50% si colloca solo la Sicilia (42,3%) che, tuttavia, fa registrare un aumento di 3,7 punti rispetto alla percentuale di raccolta differenziata del 2019 (38,5%). In questa regione, in particolare, nel quinquennio 2016- 2020, la percentuale di raccolta differenziata risulta quasi triplicata. 54,1%. Per Molise e Puglia si registrano crescite delle percentuali di 7 e 5,1 punti, rispettivamente”.