(Teleborsa) – Cinque associazioni industriali europee, di cui tre italiane, hanno chiesto l’intervento urgente della Commissione europea e degli Stati membri per evitare che siano attuate tariffe elevate o sanzioni sull’alluminio russo, che secondo loro sarebbero misure in grado di rappresentare “un imminente e vitale minaccia per l’industria europea dell’alluminio”.
Gli Stati Uniti starebbero infatti valutando un divieto assoluto o tasse più alte per l’alluminio russo (comprese misure mirate al colosso Rusal), mentre il London Metal Exchange (LME), la borsa dei metalli non ferrosi più importante del mondo, starebbe valutando di bandire il materiale russo dal suo sistema.
“Siamo preoccupati per le caratteristiche comuni tra coloro che boicottano Rusal e chiedono divieti o sanzioni: o sono i suoi principali concorrenti o godono di opzioni di fornitura che non sono disponibili per la stragrande maggioranza della catena del valore dell’alluminio europea, la cui forza lavoro è composta principalmente di PMI nei settori della trasformazione e dell’uso finale”, hanno scritto in una nota congiunta la Federazione dei consumatori di alluminio in Europa (FACE), l’Associazione federale tedesca per lo sviluppo economico e il commercio estero (BWA), l’Associazione italiana fornitori fonderie (Amafond), l’Associazione nazionale acciai, metalli, rottami, ferramenta (Assofermet) e l’Associazione italiana fonderie (Assofond).
Le associazioni sottolineano che Rusal è oggi uno dei principali attori industriali europei dell’alluminio con stabilimenti in Irlanda, Svezia, Italia e Germania, con 1.200 dipendenti direttamente e 10.000 indirettamente nell’UE. La società, che è la maggior produttrice mondiale di alluminio, fornisce il 30% dell’allumina e fino al 20% dell’alluminio primario di cui l’Europa ha bisogno per mantenere viva la sua industria dei metalli leggeri.
“È necessario sottolineare che boicottare, vietare o sanzionare Rusal non è altro che la distruzione dell’industria europea dell’alluminio indipendente a valle e in particolare delle sue PMI che non hanno alternative di approvvigionamento potenzialmente disponibili ai grandi produttori e alle grandi società a valle, ma che rappresentano il 70% della produzione del settore e il 90% della sua occupazione nell’UE”, hanno sottolineato le associazioni.