(Teleborsa) – La Commissione europea ha aperto un’indagine per valutare se la decisione di di completare l’acquisizione di GRAIL, mentre l’indagine approfondita dell’esecutivo UE sulla transazione proposta è ancora in corso, costituisca una violazione dell’obbligo di sospensione del Regolamento delle Fusioni. L’indagine annunciata oggi è separata dall’indagine della Commissione sul merito del caso, che proseguirà secondo i tempi previsti dal regolamento sulle concentrazioni.
Il 18 agosto Illumina ha annunciato di aver deciso di completare la sua acquisizione di GRAIL senza aspettare il via libera della Commissione. Negli scorsi mesi aveva criticato la decisione comunitaria in quanto GRAIL non avrebbe attività nell’UE e quindi l’indagine di Bruxelles non avrebbe motivo di esistere. La Commissione teme che l’acquisizione possa ridurre la concorrenza e l’innovazione nel mercato emergente per lo sviluppo e la commercializzazione di test per l’individuazione del cancro basati su tecnologie di sequenziamento.
llumina sviluppa, produce e commercializza sistemi integrati per l’analisi della variazione genetica e della funzione biologica. Grail è stata fondata come società indipendente nel 2016, con una quota di maggioranza detenuta da Illumina, salvo poi riacquistare le proprie azioni attraverso diversi round che hanno fatto gradualmente scendere la quota di Illumina. L’anno scorso quest’ultima ha proposto una fusione da 8 miliardi di dollari.
“Siamo profondamente dispiaciuti per la decisione di Illumina di completare l’acquisizione di GRAIL, mentre la nostra indagine sulla transazione è ancora in corso – ha commentato Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione UE con delega alla concorrenza – Le aziende devono rispettare le nostre regole e procedure di concorrenza”.
“Questo obbligo, che chiamiamo obbligo di sospensione, è al centro del nostro sistema di controllo delle fusioni e prendiamo molto sul serio le sue possibili violazioni”, ha aggiunto. La Commissione può imporre sanzioni pecuniarie alle società che, intenzionalmente o per negligenza, violano l’obbligo di sospensione che possono arrivare fino al 10% del fatturato aggregato delle società.