(Teleborsa) – Nel primo semestre 2021 il fatturato aggregato dei 27 principali operatori mondiali del settore telecomunicazioni ha invertito la rotta rispetto alla crisi pandemica (+4,8% rispetto al primo semestre 2020) portandosi a 555,5 miliardi di euro, grazie soprattutto alla crescita dell’8,5% dell’Asia & Pacifico (236,1 miliardi di euro) alimentata in particolar modo dalle società cinesi (+12,7%). Positivi i dati delle Americhe (+4,5% a 168 miliardi di euro), mentre l’Europa rimane al palo (-0,5% a 151,4 miliardi di euro). È quanto emerge dall’indagine annuale dell’Area Studi Mediobanca sui 27 maggiori gruppi mondiali del settore delle telecomunicazioni.
In Europa, Deutsche Telekom domina la classifica con ricavi nel primo semestre 2021 pari a 53 miliardi di euro (+1,2% sui primi sei mesi del 2020, su base omogenea), seguita da con 22,3 miliardi di euro (+2,3%), 20,9 miliardi di euro (+0,5%), 20,8 miliardi di euro (-4%), 11,5 miliardi di euro (-4,8%) e TIM 7,6 miliardi di euro (-2,4%). Nel primo semestre 2021 i ricavi domestici dei principali operatori italiani hanno proseguito il trend calante, scendendo complessivamente dell’1,8%, con la contrazione più ampia per la rete mobile (-5,4%). “L’inasprimento del contesto competitivo e la necessità di nuovi investimenti volti all’implementazione su larga scala del 5G e all’incremento della diffusione della fibra rendono improcrastinabile per il settore l’esigenza di cogliere le opportunità di crescita provenienti dalle nuove tecnologie digitali (tra cui cloud, AI e servizi ict) nel prossimo futuro”, è il commento degli analisti di Mediobanca.
Nel 2020 i ricavi aggregati delle 27 principali telco mondiali sono stati pari a 1.080 miliardi di euro, in diminuzione dell’1,9% sul 2019, ma in crescita dell’1,4% rispetto al 2016. Inferiore la performance dei 10 big player europei delle telco, con ricavi diminuiti del 7% rispetto al 2016. (140 miliardi di euro nel 2020) guida la classifica mondiale per ricavi che vede nelle prime 17 posizioni 7 gruppi asiatici e 6 europei (con 17esima). Seguono (104,5 miliardi di euro) e (101 miliardi di euro). “Lo scorporo di Warner Media da parte della AT&T e la cessione di Aol e Yahoo da parte di Verizon nel 2021 sanciscono la possibile fine dell’idillio nella convergenza tra le telco e la produzione di contenuti, con gli accordi di distribuzione tra i due settori che divengono ora la strada più percorsa”, si legge nel rapporto.
Diminuiscono ovunque i ricavi della telefonia in Europa. Il primo mercato è quello tedesco con ricavi per 57 miliardi di euro (-0,8% sul 2019), seguito dallo UK (35,1 miliardi di euro esclusa la vendita di apparati i cui importi non sono disponibili; -1,8%) e Francia (35,2 miliardi di euro; -0,4%). Spagna e Italia si contendono la 4° piazza in Europa con, rispettivamente, 28,8 miliardi di euro (-3,8%) e 28,6 miliardi di euro (-4,8%). L’Italia registra la maggiore contrazione dei ricavi tra il 2016 e il 2020 (-10,3%). La redditività industriale è rimasta stabile tra il 2016 e il 2020 con l’EBIT margin a quota 14,8%. Per le telco europee l’EBIT margin, sebbene in miglioramento di 120 b.p., è inferiore e pari al 12,8%, “a causa della forte concorrenza degli ultimi anni, come si evince dai prezzi in continua flessione dei principali servizi, specialmente in Italia”, sottolinea Mediobanca.
Per quanto riguarda la performance dei principali operatori in Italia nel 2020, TIM (business unit italiana) è prima per fatturato (12 miliardi di euro; -8,4% sul 2019) davanti a Vodafone (5,1 miliardi di euro ; -9,4%), Wind Tre (4,9 miliardi di euro ; -3,7%) e Fastweb (2,3 miliardi di euro; +3,6%), con Iliad in 5° posizione (0,7 miliardi di euro; +58,3%). Il rapporto evidenzia che escludendo le start-up (Iliad e Open Fiber) e le più piccole Eolo, PosteMobile e Linkem, “nel quinquennio Fastweb è l’unica a crescere (+28%), con investimenti industriali superiori alla media italiana”. Wind Tre è l’operatore con l’EBIT margin più elevato (17,4%) seguito da BT Italia (16,6%) e TIM (13,4%), con gli utili di Wind Tre in spolvero (+414%) “grazie ai minori interessi passivi iscritti a bilancio dopo la ristrutturazione dell’indebitamento realizzata nel 2019”.