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L'aumento dell'inflazione non spaventa i mercati. Pesano effetti transitori

(Teleborsa) – I prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati del tasso più alto in 13 anni a giugno. L’inflazione ha registrato una variazone del +0,9% su base mensile, risultando superiore al +0,5% del consensus e al +0,6% di maggio, mentre su base annua la crescita dell’inflazione è stata del 5,4%, superiore al 5% di maggio e al 4,9% delle aspettative del mercato. Nonostante ciò, i mercati azionari non hanno reagito con perdite sostanziali, non scontando quindi il timore per una risposta anticipata della Federal Reserve. Gli investitori sembrano quindi continuare a ritenere che l’aumento dell’inflazione sia transitorio, a causa dei vincoli di offerta e di una ripresa dai livelli depressi dalla pandemia.

“L’inflazione statunitense è aumentata significativamente, al di sopra delle aspettative, a giugno e probabilmente alimenterà sia le preoccupazioni sulla natura non transitoria del dato sia quelle relative alla risposta della Federal Reserve – ha commentato Ben Laidler, Global Markets Strategist della piattaforma d’investimento multi-asset eToro – Questo porrà ulteriore attenzione sulla testimonianza del presidente della FED Powell al Congresso questa settimana”.

Un altro motivo per non considerare il picco nella lettura di giugno un motivo di allarme è l’origine del maggior aumento dell’indice generale. La maggiore singola componente del rialzo è infatti l’innalzamento dei prezzi delle auto usate. “I numeri principali dell’IPC hanno sicuramente un valore shock; tuttavia, una volta che ci si rende conto che un terzo dell’aumento viene dai prezzi delle auto usate, il quadro transitorio diventa più chiaro – ha commentato Jamie Cox, managing partner di Harris Financial Group – L’inflazione è in aumento, ma le cose si sono comportate bene e non sono cambiate materialmente”.

Bisogna inoltre ricordarsi che “il confronto dei dati anno su anno è esagerato per via del dato particolarmente depresso di un anno fa, quando eravamo nel punto più critico della crisi economica”, sottolinea Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy. “Inoltre, molte aziende hanno ridotto il magazzino durante la crisi e, quindi, devono ora far fronte ad acquisti più consistenti di materie prime per ricostituire le scorte e soddisfare la domanda. Questo squilibrio ha amplificato le tensioni sui mercati delle materie prime e pertanto ha contribuito al rapido aumento dell’inflazione”, ha aggiunto.

“Sicuramente l’inflazione headline degli Stati Uniti raggiungerà presto il picco, quando i prezzi delle materie prime diminuiranno, diminuirà l’importanza degli effetti base, le scorte saranno ricostituite e l’offerta si adeguerà alla domanda – è invece il commento di Didier Saint-Georges, membro del Comitato Strategico di Investimento di Carmignac – Ma è probabile che l’indice PCE di base rimanga alto più a lungo, a causa dell’aumento dei prezzi delle case (che necessariamente farà salire gli affitti), e questi sono a loro volta alimentati dall’aumento dei salari e dalla minore disoccupazione”.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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