(Teleborsa) – Il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha dichiarato che l’Istituto è pronto a lanciare la “piattaforma delle piattaforme” per garantire maggiori tutele ai rider e in generale ai lavoratori della Gig economy. “Noi oggi siamo in grado a mettere a disposizione una piattaforma di collegamento tra tutte le piattaforme del food delivery e i lavoratori stessi – ha spiegato alla Commissione Lavoro, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sui lavoratori che svolgono attività di creazione di contenuti digitali – L’evoluzione del mercato negli ultimi anni ha comportato molte nuove tipologie di lavoro non continuative che molto spesso purtroppo non rendono possibile la adeguata tracciabilità”.
“La piattaforma che possiamo mettere a disposizione – ha precisato Tridico – è frutto di un’intensa collaborazione con l’Inail che permette di raccogliere informazioni che possono essere fruite da diversi soggetti: INPS, Inail, rider, le piattaforme. L’obiettivo è la riduzione dell’economia sommersa cui è soggetto questo mercato e la relativa tutela dei lavoratori della Gig economy, a beneficio dei lavoratori coinvolti”.
Il presidente dell’INPS ha sottolineato che sono quasi 1 milione i lavoratori occupati in questo settore in Italia. Le ispezioni dell’istituto nel settore del food delivery, ha affermato, “hanno fatto emergere una realtà di circa 65mila lavoratori rider“. “Un eventuale riconoscimento di una figura nuova dovrebbe andare sotto una possibile dicitura di lavoratore della piattaforma siano essi rider, digital creator o altre forme di lavoro che nei prossimi anni evolveranno ancora. Si potrebbe immaginare una tutela di welfare minimo per tutti i lavoratori delle piattaforme nell’ottica dell’universalità verso la quale mi sembra stia andando anche il legislatore, al di là della categoria del lavoro di appartenenza”, ha dichiarato Tridico.
“Un intervento legislativo maturo dovrebbe uscire da logiche settoriali anche perché l’economia digitale è in rapida espansione e la regolamentazione frammentata delle singole figure potrebbe introdurre ulteriori segmentazioni nel mercato del lavoro con trattamenti ingiustificatamente differenziati nelle platee dei lavoratori digitali solo sulla base della tipologia del servizio erogato”, ha suggerito il numero uno dell’Istituto. “Ciò che suggeriamo sarebbe un welfare minimo di tutele per tutti i lavoratori – ha proseguito – La scelta dell’inquadramento giuridico non può dipendere dall’INPS né dal legislatore, ma dipende dall’imprenditore che deve inquadrare correttamente il lavoratore, sia subordinato, sia collaboratore, sia autonomo sulla base delle indicazioni che la legge e il legislatore li danno”. “Il welfare minimo a tutti i lavoratori della piattaforme – ha aggiunto – deve essere riconosciuto indipendentemente dall’inquadramento del lavoratore”.
Tridico ha poi parlato dei risultati di alcune indagini condotte dal suo Istituto. La prima, in coordinamento con la Procura della Repubblica di Milano, ha riguardato il riconoscimento delle attività di quattro grandi società di food delivery che operano nel Paese: “stiamo parlando di una indagine che ha portato a conoscenza e all’emersione di circa 55mila soggetti prima sconosciuti per un importo di addebito pari a 155 milioni di euro”. “Questi lavoratori oggi hanno riconosciuto delle tutele di lavoro subordinato”, ha aggiunto. Un secondo fenomeno emerso dalle ricerche dell’INPS è stato quello di “una frequenza anomala di prestazioni occasionali fino a 4.999 euro e il successivo passaggio degli stessi codici fiscali, che prima erano inquadrati come prestazioni occasionali fino a 4.999 euro, a partita Iva“. “Sotto i 5mila euro – ha spiegato – le prestazioni occasionali hanno la franchigia della contribuzione, dell’assicurazione e subito dopo questi lavoratori, pur potendo superare questa franchigia di 5mila euro e a quel punto passare come collaboratori subordinati, veniva chiesto loro di aprirsi una partita Iva”. “Questo – ha concluso Tridico – è stato configurato come qualcosa di anomalo, oggetto delle nostre ispezioni, che probabilmente permetteva ai datori di lavoro di ovviare a quei vincoli di subordinazione che avrebbero suggerito un altro tipo di inquadramento”.