(Teleborsa) – Cambiano le abitudini di consumo di ortofrutta in Italia. Nel 2020, con l’arrivo della pandemia, gli acquisti al dettaglio siano rimasti sostanzialmente stabili (-1% in quantità rispetto al 2019), ma sono cambiati i comportamenti di acquisto e consumo, con effetti che si risentiranno anche nel post-Covid 19. Parallelamente l’export di ortofrutta, pur con un calo in termini di volumi del 4% nel 2020, ha registrato una crescita in valore del 5%. Il comparto ha quindi tenuto nello scenario dell’emergenza pandemica. Questo il quadro emerso nel corso dell’evento online “L’ortofrutta nello scenario post Covid: come sono cambiati imprese, mercati e consumatori dopo un anno di pandemia” promosso e organizzato da CSO Italy e Nomisma, nell’anno dedicato dalle Nazioni Unite all’ortofrutta.
Per quanto riguarda l’export – come ha spiegato Barbara Brunello di CSO Italy – la diminuzione dei volumi è in alcuni casi una diretta conseguenza della minore offerta disponibile per alcune referenze, mentre in altri casi è un calo imputabile allo scoppio della pandemia, come mostrano le analisi temporali dei volumi spediti (nei mesi di marzo e aprile 2020 l’export di frutta e ortaggi è diminuito rispettivamente del 12% e del 10% rispetto allo stesso periodo del 2019). A fronte di una stabilità delle spedizioni verso il mercato intra Ue e una crescita di quello verso i Paesi europei extra Ue (+6% sul 2019), si registra invece un crollo delle esportazioni frutticole nei più lontani mercati degli altri continenti (-24% sul 2019).
Sul fronte delle abitudini di consumo – rileva Nomisma – si è registrata una maggiore attenzione alla stagionalità, all’origine italiana dell’alimento, alla sua conservabilità e al prodotto ‘locale’. È cambiato, in sostanza, il profilo del consumatore di ortofrutta, che ora guarda a questi prodotti soprattutto alla ricerca di una vita sana ed equilibrata. Si moltiplicano le occasioni di consumo (un italiano su 3 mangia frutta anche fuori dai pasti, per merenda o per uno spuntino), si diversificano i canali di vendita (nel 2020 il 22% dei consumatori ha acquistato frutta o verdura online o tramite ordini telefonici), c’è grande attenzione alla varietà. Fra i criteri di scelta la stagionalità è citata dal 43% degli italiani, ma fondamentali per il 56 % dei consumatori sono origine e caratteristiche del processo produttivo (origine italiana, locale, biologico, tracciabilità, ecc.). mentre stenta ancora ad affermarsi la marca.
Nel periodo del lockdown si è verificato un incremento importante degli acquisti (+13%), grazie alle ottime performance di prodotti come mele, arance, kiwi, patate, carote, solo per fare alcuni esempi, che grazie alle loro caratteristiche di elevata conservabilità, sono risultati i preferiti dai consumatori. La pandemia ha inoltre rimescolato le carte sul fronte dei canali di acquisto. I supermercati, il dettaglio specializzato, le superette e i discount proprio nel periodo di lockdown hanno aumentato la loro quota di mercato, mentre gli ipermercati, i mercati rionali e gli ambulanti hanno vissuto una importante contrazione. È cresciuta in modo significativo anche la vendita del prodotto confezionato che nel 2020 rappresenta il 23% del totale per la frutta e il 31% per gli ortaggi recuperando in entrambi i casi due punti percentuali rispetto al 2019.
Cambia, inoltre, anche la mappa dei valori e nello scenario post Covid acquisteranno sempre maggiore importanza rispetto al passato: la preferenza per l’ortofrutta di origine italiana (sarà più rilevante per il 45% degli italiani), con una forte impronta “local” (35%); l’attenzione alla qualità, intesa come prodotto di stagione (42%), fresco (33%) e con garanzie di tracciabilità (34%); la spinta al “green”, sia in termini di packaging riciclabileecosostenibile (36%) che di produzioni biologiche (23%). Crescerà anche l’attenzione al prezzo, ma in maniera meno marcata (27%). Anche il packaging è un driver attivo nella scelta di un prodotto alimentare (il 25% dei consumatori considera anche le caratteristiche dei materiali della confezione tra i criteri di acquisto): è importante il ruolo di protezione del prodotto (citata dal 66% dei consumatori), ma anche il contributo attivo alla sostenibilità del prodotto (47%) e come “strumento” di comunicazione dei valori del prodotto (35%). In questo contesto anche il packaging dei prodotti ortofrutticoli ha un ruolo determinante: nel 2020 sono state vendute 2,6 miliardi di confezioni (+80 milioni rispetto al 2019), effetto legato alle nuove esigenze di sicurezza del consumatore che hanno spinto la ricerca di prodotto confezionato.
Infine, l’indagine Nomisma sulle imprese ortofrutticole, che ha coinvolto una campione di 40 aziende, evidenzia la capacità di resilienza del settore ortofrutticolo in un contesto di eccezionale gravità, sia per effetto della pandemia che degli impatti negativi sulla produzione dovuti ad eventi climatici e avversità fitopatologiche (che hanno coinvolto oltre il 70% delle aziende). Le imprese sono state sempre attive, anche durante il lockdown, ed hanno prontamente adottato tutte le misure necessarie per evitare il contagio, nonostante le maggiori complessità organizzative (registrate dal 70% delle imprese del campione), la dilatazione dei tempi (55%), la minore efficienza del lavoro (60%) e conseguentemente l’incremento dei costi (65%). Le imprese si preparano ad affrontare un nuovo scenario post-Covid intercettando le nuove esigenze del consumo e pianificando il rilancio nei prossimi due anni, con attenzione soprattutto all’ampliamento e alla diversificazione dei mercati esteri (azioni pianificate nel 38% delle imprese), alla transizione ecologica nei sistemi produttivi e nel packaging (33% rispettivamente per confezioni più ecosostenibili o riciclabili e adozione di pratiche a maggiore sostenibilità ambientale), al confezionamento del prodotto fresco (31%) ed alla transizione digitale dell’industria 4.0 (23%).