(Teleborsa) – Sull’euro digitale serviranno una stretta cooperazione pubblico-privato ma serve anche “un accordo internazionale”, visto che ci sono 80 Paesi che studiano valute digitali e che ci vorranno “principi condivisi su temi economici e normativi e per connettere i diversi progetti”. Lo ha affermato Fabio Panetta, il componente del Comitato esecutivo della Bce che ha la delega sui sistemi di pagamento, durante la “Lectio Cooperativa” tenuta a Federcasse sottolineando che quello della Bce sull’euro digitale “è un progetto molto importante che credo che alla fine sarà inevitabile attuare. Il mondo si sta muovendo verso la digitalizzazione e sarà difficile che, alla fine, questo progetto non venga attuato in modo molto ampio ed esteso”.
“Se tutto avrà successo” per il lancio dell’euro digitale “ci vorranno 5 anni”, prosegue Panetta. “Credo che sia un obiettivo molto ambizioso, tenendo conto della complessità del compito”. Panetta ha ricordato che nessuna Banca centrale finora ha emesso una valuta digitale e che la Cina è più avanti a questo percorso, avendolo avviato nel 2013 laddove la Bce è partita nel 2020.
“L’euro digitale – ha ricordato Panetta – sarebbe una moneta sovrana offerta dalla Bce sotto forma elettronica, utilizzabile da chiunque, famiglie, imprese, commercianti, per effettuare o ricevere pagamenti al dettaglio ovunque nell’area dell’euro. Fornirebbe ai cittadini i medesimi servizi che oggi essi ottengono dalle banconote cartacee, ossia l’accesso a uno strumento di pagamento sicuro, privo di costi, di facile utilizzo, accettato da tutti. Si affiancherebbe alle banconote, senza sostituirle – ha ribadito -. Permetterebbe ai cittadini un accesso più ampio e agevole ai pagamenti elettronici, promuovendo l’inclusione finanziaria. A differenza del contante, potrà essere utilizzato non solo per scambiare denaro tra persone o per gli acquisti presso gli esercizi commerciali, ma anche per le spese online. Essendo una passività della banca centrale, l’euro digitale non avrebbe alcun rischio, di mercato, di credito, di liquidità, come le banconote”.
Privi di utilità economica o sociale e, anzi, “alcune cripto-attività rappresentano una fonte di enorme inquinamento e di danno ambientale”. E in generale “sono strumenti fittizi senza valore intrinseco, che non generano flussi di reddito, cedole, dividendi, e non offrono alcun servizio d’uso al possessore. Sono create attraverso procedure informatiche, e non vi è alcun soggetto, nessuna garanzia che ne assicuri il valore”, dice Panetta.