(Teleborsa) – Negli ultimi anni la risposta delle aziende alla rivoluzione digitale si è concentrata sulla velocità: prendere decisioni rapidamente, eseguire velocemente i piani definiti al fine di creare un’offerta differenziata. Eppure, dopo una fase iniziale di successo, troppo spesso queste promettenti iniziative di trasformazione digitale hanno perso slancio, non riuscendo a generare l’impatto necessario per competere nel mondo di oggi. Basti pensare che – nonostante il 78% dei dirigenti italiani ritenga che il digitale sia una delle principali priorità della propria agenda – solo il 7% di loro ritiene di aver raggiunto gli obiettivi in termini di trasformazione digitale che l’azienda si era prefissata. Questo il quadro che emerge dall’estratto italiano del “Digital GPS Benchmark 2021”, la ricerca globale che Bain & Company conduce ogni anno su 1.200 dirigenti d’azienda provenienti dai principali paesi del mondo e dai maggiori settori merceologici.
“Le aziende sono sempre più consapevoli che il solo essere veloci non è più sufficiente. Se agire rapidamente rimane essenziale per rimanere competitivi nel breve periodo, – commenta Laura Polasek, director di Vector, la piattaforma di digital delivery di Bain & Company – cogliere appieno ed in modo duraturo il valore della trasformazione digitale è determinato dalla capacità di estendere le iniziative digitali di maggior valore su larga scala in tutta l’azienda”.
Il Covid-19 ha avuto un forte impatto sulla trasformazione digitale delle aziende accelerandone, spesso in modo obbligato, il passo. Trend digitali che prima della pandemia maturavano nel corso di anni, nel 2020 hanno avuto luogo in pochi mesi. L’e-commerce è aumentato del 100% durante la crisi. Le aziende si sono dovute misurare con un radicale cambio di paradigma nella propria operatività: Bain & Company stima che quest’anno l’85% delle iterazioni con i clienti sarà virtuale. Tale accelerazione ha amplificato il divario tra le aziende che avevano già investito in tecnologia prima della pandemia e chi non lo aveva fatto. Questi ultimi si sono spesso trovati impreparato a gestire lo shock digitale determinato dal Covid-19.
“Per poter implementare su larga scalale iniziative digitali di maggior impatto – continua Polasek – è fondamentale che le imprese agiscano su due fronti: da un lato devono rinnovare l’architettura tecnologica dell’azienda e dall’altro ripensare al modello operativo e al modo di lavorare. I dati ci dimostrano che l’investimento nel digitale paga: nel 2021 il valore delle azioni delle aziende che più hanno investito in digitale e tecnologia è cresciuto del 130% in più rispetto alle medie di settore”.
I QUATTRO ARCHETIPI PER LA TRASFORMAZIONE DIGITALE – Osservando l’esperienza dalle aziende maturata sinora e analizzando gli esempi più virtuosi, Bain ha individuato essenzialmente quattro archetipi per una trasformazione digitale di successo. Il primo è gettare le fondamenta digitali. Questo è lo scenario in cui ricadono le aziende che devono indubbiamente digitalizzare la propria realtà – anche se nell’imminente la loro esistenza non è messa a rischio dal digitale – e che non presentano particolari eredità di infrastruttura tecnologica. È il tipico caso di aziende industriali. L’approccio alla trasformazione digitale consigliato in questo caso è di creare una architettura tecnologica e dati molto snella, sperimentarne l’efficacia in pochi ambiti di applicazione selezionati ed estenderne l’utilizzo su larga scala in modo incrementale. Il secondo è integrare un panorama digitale frammentato. Questo è il caso di organizzazioni che, come spesso avviene per le multinazionali del largo consumo, operano con diversi sistemi IT e con un alto grado di indipendenza delle diverse funzioni e sedi locali. Le iniziative digitali non mancano ma, a causa della frammentazione dei sistemi e del modello operativo, sono difficilmente realizzabili su larga scala. Razionalizzare l’architettura tecnologica e creare una figura centrale di chief digital officer a coordinamento delle diverse iniziative sono la chiave del successo in questo scenario. Il terzo riguarda la trasformazione digitale, dall’interfaccia al back-end. Come nel secondo archetipo, anche in questo terzo caso le aziende sono entrate nell’era digitale con un’eredità complessa. Qui però – spiega Bain – non si tratta di frammentazione, ma dello stratificarsi di sistemi IT accumulatisi l’uno sull’altro nel corso degli anni, all’evolversi del business. Un’architettura tecnologica inefficiente e poco flessibile incapace di garantire adeguati tempi di reazione sul mercato, come spesso avviene nel settore bancario e delle telecomunicazioni. L’approccio in questo scenario è partire dall’interfaccia (ciò che il consumatore vede, la sua esperienza digitale), ma passare rapidamente ad un graduale rinnovamento dei sistemi interni, il back-end. Il quarto, ed ultimo, archetipo sottolinea la necessità di lanciare una nuova impresa digitale. A volte – si legge nel rapporto – l’entità e la rapidità della rivoluzione digitale è talmente dirompente che le aziende “analogiche” non riescono a stare al passo. Ciò avviene in contesti in cui da un lato la pressione competitiva di nuovi modelli di business innovativi è molto alta e dall’altro le aziende esistenti, a causa della propria dimensione, complessità o resistenza al cambiamento, non sono in grado di muoversi abbastanza velocemente per rimanere competitive. Sempre più spesso in questo caso la risposta è lanciare un business completamente nuovo. Ciò permette alle aziende di aggredire nuovi segmenti di mercato in ottica sia offensiva che difensiva. Offensiva perché consente di entrare in nuovi mercati con una soluzione su misura, snella e svincolata dalla pesante eredità del core business. Difensiva perché la nuova proposta permette potenzialmente di attirare nuovi clienti, nuove generazioni e futuri consumatori, nel core business.