(Teleborsa) – I veterani di un gruppo paramilitare unionista dell’Ulster hanno annunciato il ritiro della loro adesione all’accordo di pace irlandese del Venerdì Santo 1998 a causa della situazione commerciale post-Brexit che si è venuta a creare in Irlanda del Nord. Il Paese, infatti, nonostante l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea di fatto rimane all’interno del mercato comune europeo e dell’unione doganale, una decisione condivisa dai negoziatori di Bruxelles e Londra per evitare di ricostituire il confine fisico con l’Irlanda ma che sta creando diversi problemi alle aziende locali.
In una lettera inviata a Boris Johnson, i militanti del Loyalist Communities Council hanno riferito al premier britannico di non ritenersi più vincolati agli impegni sottoscritti 23 anni fa a causa dell’interpretazione sulle intese di divorzio dall’Ue in materia commerciale e sui controlli sul transito merci fra Irlanda del Nord e resto del Regno Unito. Gli unionisti nordirlandesi considerano tali accordi, infatti, penalizzanti per i loro interessi e potenzialmente minacciosi per la sovranità britannica. Il gruppo ha precisato che non ci sarà alcun ritorno alla violenza e che la decisione verrà messa in atto solo attraverso mezzi “pacifici e democratici”.
La protesta del Loyalist Communities Council è solo l’ultima manifestazione della tensione latente che si è sviluppata negli ultimi giorni sul nodo irlandese tra Regno Unito e Unione europea. Londra ieri ha infatti annunciato la volontà unilaterale di estendere fino a ottobre il “periodo di grazia” durante il quale si riserva di non eseguire quei controlli doganali interni sulle merci agroalimentari d’importazione in transito fra Ulster e Gran Bretagna. Una mossa per placare la protesta delle aziende del Nord Irlanda molto legate al mercato britannico ma che non è stata accolta con favore a Bruxelles – che ha trovato anche l’appoggio dell’Irlanda – visto che non era prevista dal protocollo post Brexit firmato per garantire sia il mantenimento della frontiera aperta fra Belfast e Dublino – come stabilito dalla pace del ’98 – sia l’integrità del mercato unico europeo. Gli europei infatti la ritengono una violazione del diritto internazionale.
Boris Johnson ha definito la decisione una “misura tecnica temporanea” e ha auspicato la risoluzione della controversia “con il buon senso e la buona volontà” di tutti gli attori protagonisti. Ieri si è svolto un colloquio telefonico tra David Frost, ex negoziatore britannico e ora responsabile dei rapporti con l’Ue, e il vicepresidente della Commissione europea, Maros Sefcovic. In una nota, il governo di Londra ha spiegato che le parti hanno convenuto i restare in stretto contatto, mentre Bruxelles non esclude di ricorrere a vie legali. “La Commissione europea risponderà a questi sviluppi in conformità con gli strumenti legali stabiliti dall’accordo di recesso e dall’accordo sul commercio e la cooperazione”, si legge nel comunicato diffuso dopo il colloquio. “È la seconda volta che il governo del Regno Unito si prepara a violare il diritto internazionale”, si sottolinea con riferimento al tentativo di Londra dello scorso anno di superare l’accordo di divorzio da Bruxelles proprio sull’Irlanda del Nord, un episodio che che convinse la Commissione Ue ad aprire una procedura legale, disinnescata poi dall’accordo commerciale stretto a poco prima di Natale.