(Teleborsa) – Arrivano i dati dell’ufficio statistico del Regno Unito a certificare l’impatto della Brexit sul commercio tra UK e Unione europea. Le esportazioni di beni verso l’UE sono diminuite del 40,7% a gennaio rispetto al mese precedente, mentre le importazioni dal blocco sono diminuite del 28,8%.
I beni più colpiti dal calo delle importazioni dall’UE sono stati macchinari e attrezzature di trasporto, in particolare automobili, e prodotti chimici, in particolare prodotti medicinali e farmaceutici, secondo i dati dell’ONS (l’equivalente britannico dell’Istat). Il calo mensile delle importazioni e delle esportazioni di beni a gennaio 2021 è il più elevato dall’inizio della serie storica, nel gennaio 1997.
Si tratta di dati non inattesi, ma comunque pesanti, su cui incidono gli intoppi iniziali innescati dal nuovo sistema di regole e controlli e le restrizioni contro la pandemia in vigore tanto nel Regno Unito quando nei Paesi europei. Tra chi ha cercato di minimizzare la portata di questi dati c’è David Frost, già capo negoziatore britannico per la Brexit e promosso dal premier Boris Johnson al rango di membro del consiglio dei ministri britannico .
“Ho visto i dati odierni sul commercio – ha twittato Frost – inevitabili in un mese che ha visto una combinazione unica e inusuale di fattori, come lo stesso ONS ha evidenziato”. Frost ha poi notato che le sfide iniziali delle “nostre nuove relazioni commerciali con l’UE” si sono sommate “all’accumulo di scorte” fatto cautelativamente da molti operatori durante il 2020 (e “quindi alla minore necessità di merci a gennaio”), nonché agli effetti “dei lockdown anti Covid imposti in Europa che hanno comportato una riduzione nella domanda dei beni”.
Si tratta di fattori congiunturali che stanno “iniziando ad alleggerirsi, con le ultime informazioni che indicano un ritorno verso i volumi complessivi normali del trasporto merci nell’interscambio fra Regno Unito e Ue a partire già dall’inizio di febbraio”, ha quindi puntualizzato, assicurando che il governo Tory sta intanto “sostenendo le aziende coinvolte in questo periodo” di transizione”.
“Quello che non sappiamo è quanto di questo (calo) sia permanente e quanto sia attribuibile a problemi iniziali”, ha detto a Bloomberg l’ex negoziatore commerciale del Regno Unito David Henig, oggi direttore del Centro europeo per l’economia politica internazionale. Secondo Henig si potrebbe attribuire un quarto del calo agli effetti dell’accumulo di scorte.