(Teleborsa) – “L’inflazione prevista dell’1,4% nel 2023 è ampiamente considerata soggetta a rischi al rialzo”. È questa la frase più significativa che emerge dal resoconto della riunione di politica monetaria del Consiglio direttivo della Banca centrale europea svoltasi a Francoforte il 9-10 giugno 2021. I funzionari della BCE si sono comunque trovati “ampiamente d’accordo sull’importanza di guardare oltre il temporaneo aumento dell’inflazione nel 2021“, interrogandosi su “fino a che punto il recente incremento dei costi in ingresso e i vincoli temporanei all’offerta, come nel caso dei semiconduttori, potranno trasferirsi ai prezzi al consumo”.
Tra i motivi che hanno spinto i banchieri centrali a scrivere nero su bianco di potenziali “rischi al rialzo” ci sono gli interventi dei governi per uscire dalla pandemia e per contrastare i cambiamenti climatici. “È stato sottolineato che le prospettive di inflazione sarebbero state ancora inferiori senza il sostanziale sostegno fiscale e monetario in atto“, si legge nel verbale della riunione. E ancora che “in una situazione in cui i governi si sforzano di raggiungere gli obiettivi in ??materia di cambiamento climatico, è probabile che saranno necessarie nuove misure che potrebbero comportare ulteriori rischi al rialzo per l’andamento dei prezzi in un orizzonte di medio-lungo periodo”.
Sul più breve termine, la BCE pensa invece che “l’inflazione complessiva dovrebbe aumentare ulteriormente verso l’autunno, riflettendo principalmente gli effetti base dell’inversione della riduzione temporanea dell’IVA in Germania. Ci si aspetta che l’inflazione scenda di nuovo all’inizio del prossimo anno con l’attenuarsi di fattori temporanei. Le pressioni sui prezzi sottostanti dovrebbero aumentare leggermente quest’anno a causa dei vincoli temporanei dell’offerta e della ripresa della domanda interna. Tuttavia, è probabile che le pressioni sui prezzi rimangano complessivamente contenute”.
Per quanto riguarda i programmi di politica monetaria, dai verbali emerge che le condizioni di finanziamento sono giudicate “troppo fragili” per consentire una riduzione significativa del ritmo degli acquisti senza rischiare un aumento disordinato dei rendimenti. “È stato sottolineato che la ripresa è in una fase iniziale e manca di solidità, poiché dipende fortemente dal sostegno politico” e che un “notevole rallentamento del ritmo degli acquisti per il prossimo trimestre è quindi visto come inappropriato nella congiuntura attuale”.