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BCE non sorprende il mercato. Riduzione acquisti banco di prova per Europa periferica

(Teleborsa) – A differenza della Bank of England, che oggi ha annunciato a sorpresa il primo rialzo di 25 punti base per contrastare l’impennata dell’inflazione galoppante, la Banca centrale europea (BCE) non ha rialzato i tassi e ha confermato la fine del PEPP (Pandemic Emergency Purchase Programme) a marzo 2022, come largamente previsto da mercati e analisti. Inoltre, il Consiglio direttivo ha deciso di non introdurre l’ennesimo nuovo programma, ma di aumentare temporaneamente la quantità di acquisti di obbligazioni nell’ambito dell’APP nel secondo e terzo trimestre del 2022. Francoforte si è comunque mantenuta flessibile nel caso in cui si verificassero eventi sfavorevoli e le condizioni di mercato richiedessero ulteriore supporto.

“Oggi è stata di fatto inaugurata una fase in cui le banche centrali si troveranno in modo crescente di fronte al dilemma inflazione vs crescita“, è stato il commento di Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di . “Nella prima fase (ossia quella attuale) il primo fattore da maneggiare è il rischio inflazione, che comporta aumento delle aspettative di rialzo FED e qualche prima reazione come nel caso della BOE – ha affermato – Successivamente, tra il primo ed il secondo trimestre, la domanda potrebbe far emergere segnali più evidenti di rallentamento sotto i colpi dell’inflazione, mettendo le banche centrali di fronte al dilemma della scelta inflazione vs crescita, che potrebbe di fatto tradursi in una salomonica decisione di effettuare semmai qualche rialzo fermandosi però dopo poco, per non danneggiare troppo la crescita”.

“In seguito alle decisioni assunte in data odierna, riteniamo che la BCE abbia delineato una posizione monetaria moderatamente più restrittiva per gran parte del 2022, portando a un moderato irripidimento delle curve dei tassi europee – ha commentato Andreas Billmeier, European Economist presso Western Asset – Non ha tuttavia determinato quando termineranno gli acquisti di asset, né tanto meno ha escluso la correlazione con un rialzo dei tassi di interesse. Ci aspettiamo un euro moderatamente più forte”.

Nonostante la banca centrale dell’eurozona si sia mossa secondo attese, secondo Pasquale Diana, Head of Macro Research di AcomeA SGR, ci sono due divergenze che saltano all’occhio. “La prima, meno evidente, è quella all’interno del consiglio BCE – ha spiegato – Non tutti i membri erano d’accordo sul pacchetto di misure annunciato oggi. Questo non deve sorprendere visto che è naturale che sorga dissenso nel momento in cui l’economia migliora e l’inflazione riparte. La seconda divergenza è più evidente, ed è quella con altre banche centrali, la FED in primis. Ieri sera la Federal Reserve ha annunciato un’accelerazione del tapering e aperto le porte a un ciclo di rialzi che potrebbe in teoria avere inizio già a marzo del 2022. La BCE, come abbiamo visto, non contempla rialzi dei tassi nel 2022″.

Non c’è comunque certezza su che effetti avrà la riduzione di titoli sui mercato. “La riduzione dell’acquisto titoli potrebbe rappresentare un banco di prova per l’Europa periferica e per gli spread dei BTP“, ha commentato Michele Morra, Portfolio Manager Moneyfarm. “Bisognerà capire se le misure intraprese in questo periodo di eccesso di liquidità saranno sufficienti a rassicurare gli investitori sulla solidità del rischio paese e se il rapporto domanda-offerta dei titoli italiani rimarrà invariato – ha spiegato – In caso contrario, una riduzione degli acquisti e un rialzo dei tassi a breve potrebbero incidere negativamente sugli spread. La flessibilità dichiarata dalla Lagarde potrebbe supportare scenari avversi, e le principali valutazioni saranno da fare tra il 2022 e il 2023”.

FED, BOE e BCE stanno scegliendo di guardare oltre i rischi della variante Omicron e di concentrarsi sulla lotta all’inflazione. “Tutte e tre le principali banche centrali chiamate a prendere decisioni durante questa settimana hanno dimostrato di non ritenere più i rischi al ribasso per l’attività economica, nei prossimi mesi, superiori rispetto alla necessità di affrontare la pressione dell’inflazione – ha osservato Adrian Hilton, responsabile tassi globali di Columbia Threadneedle Investments – Il tempo ci dirà se questo cambiamento sia giustificato. Ma i livelli costantemente bassi dei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza suggeriscono che il mercato è finora riluttante a prezzare regimi di tassi durevolmente più alti“.


Fonte: http://news.teleborsa.it/NewsFeed.ashx

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