Ad oggi, l’unica informazione certa è che la riforma delle pensioni arriverà entro il 1° gennaio 2022, e cioè alla scadenza della tanto discussa Quota 100 (62 anni di età + 38 di contributi), che chiuderà la sua parabola il 31 dicembre 2021.
Pensioni, cosa succederà dal 1° gennaio 2022
La previdenza pubblica andrà ulteriormente tagliata, perché questa è la direzione sempre più marcata che ha preso l’Europa, ma non è detto che il sistema pensionistico italiano venga completamente smantellato. Certo è che la crisi economica, soprattutto post Covid, pesa moltissimo, e le condizioni che l’Italia dovrà accettare per sfruttare in cambio il Recovery Fund certamente saranno vincolate.
Cosa succederà allora, nel 2022? Nessuno lo sa. Ma ciò che appare sempre più probabile è che non ci sarà spazio né per Quota 41, né per una legge Fornero bis.
La legge Fornero
Ricordiamo che la manovra “Salva-Italia” con cui fu introdotta la riforma Fornero nel 2012 spinse il sistema pensionistico italiano verso il modello contributivo, secondo cui quanto maggiori erano stati i contributi durante la carriera del lavoro, tanto maggiore sarebbe stato l’assegno pensionistico.
Restavano comunque i due criteri di pensionamento dell’anzianità anagrafica e degli anni di contributi versati. Con il primo criterio si ottiene la pensione a 66 anni. Requisito fondamentale è quello dei 20 anni almeno di contributi versati. Per chi voglia andare prima in pensione gli anni di contributi minimi non sono più 40, ma 41 e un mese per le donne e 42 anni e un mese per gli uomini, con un incremento graduale negli anni a venire di qualche mese.
Quota 41, per chi?
Oggi, l’ipotesi allo studio del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo che sembra la più gettonata in seno alla maggioranza è una riforma del sistema pensionistico che estenda Quota 41 a tutti i lavoratori per superare lo scalone con la fine di Quota 100. Quota 41 altro non è che il ritiro dal lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età compiuta. Ma come funziona Quota 41? I requisiti per accedervi sono:
- almeno 12 mesi di contributi versati, non per forza continuativi, prima del compimento dei 19 anni di età;
- 41 anni di contributi maturati;
- appartenenza ad una delle 5 categorie tutelate: disoccupati, invalidi, caregiver, lavori usuranti, lavori gravosi.
Non basta però essere un lavoratore precoce per accedere a Quota 41. Questa è riservata solamente a coloro che fanno parte anche di una delle seguenti categorie:
- dipendenti e autonomi con invalidità accertata pari o superiore al 74%;
- dipendenti disoccupati a seguito di licenziamento o dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, e che abbiano concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante da almeno tre mesi;
- i cosiddetti caregiver: ossia coloro che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità.
- lavoratori che svolgono da almeno sei anni all’interno degli ultimi sette attività lavorative usuranti e gravose;
Cosa dice l’Inps
Quota 41 però non fa impazzire l’Inps. Il presidente dell’Istituto Pasquale Tridico ha spiegato che è “certamente” un’opzione, “ma non mi piacciono le quote strettamente rigide”.
Secondo lui Quota 41 dovrebbe essere affiancata da coefficienti di gravosità del lavoro, in modo da prevedere delle uscite flessibili per tutti. Ovvero, si dovrebbe prevedere un’età di uscita dal lavoro per ogni categoria di lavoratore. “Ci sono infatti lavori diversi” spiega. “Ci sono persone che possono uscire più tardi e altre prima”.