Lunedì 27 gennaio è il grande giorno. Si apre infatti il confronto tra Governo e sindacati sulla riforma delle pensioni. Obiettivo è superare la rigidità della legge Fornero e lo scalone di Quota 100. Pesa naturalmente l’esito del voto in Emilia Romagna e Calabria, cui è legata la tenuta della stessa maggioranza.
Quota 100 è in scadenza a fine 2021 e il rischio è che nel 2022, quando dovrebbe tornare in vigore la legge Fornero, si verifichi il cosiddetto scalone, con un salto di cinque anni per andare in pensione. Come ha ribadito a più riprese anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, l’obiettivo è ottenere un sistema “più equo in un quadro di sostenibilità”.
Il tavolo di confronto prenderà il via a partire dalle 11 al ministero del Lavoro, con il ministro Nunzia Catalfo, il presidente dell’Inps Pasquale Tridico e rappresentanti del ministero dell’Economia.
Le posizioni in campo sulla riforma delle pensioni
Il governo, per ora, è confuso. La quota grillina non si pronuncia più di tanto su Quota 100, avendola di fatto approvata con i leghisti nel Conte 1, mentre il Pd la abolirebbe senza sconti.
Cgil, Cisl e Uil propongono la flessibilità in uscita intorno ai 62 anni o 41 anni di contributi a prescindere dall’età, senza penalizzazioni e senza applicazione del solo calcolo contributivo. Il costo stimato sarebbe di 20 miliardi l’anno.
L’USB, Unione Sindacati di Base, propone anche di istituire una soglia minima di almeno 1000 euro, rivalutabile in base al costo della vita, sotto la quale nessuno deve scendere. Ma anche un tetto massimo: “È accettabile che si percepiscano pensioni superiori a 5mila euro mensili?” si chiede. Altro punto cardine dell’USB è la detassazione delle pensioni, a cominciare dai trattamenti più bassi.
Mentre anche Elsa Fornero dice la sua, il presidente Inps Pasquale Tridico ha anche aperto alla flessibilità in uscita ragionando in logica contributiva: “Si fissa una linea di età per l’uscita, poi il lavoratore deve essere libero di scegliere quando andare in pensione. Ovviamente con ricalcolo contributivo, come avverrà per tutti dal 2036”. Idea che non è affatto piaciuta al leader della Cigl, Maurizio Landini.
La “terza via” di Boeri
Tutto, naturalmente, dipenderà dalle effettive risorse disponibili. E intanto, tra le due posizioni di Governo e sindacati spunta una “terza via”, quella proposta dall’ex presidente dell’Inps Tito Boeri. In una intervista a La Stampa, Boeri è tornato a bocciare categoricamente Quota 100, responsabile di aver “aumentato le diseguaglianze fra classi di età e di reddito”, creando anche enormi buchi nel mondo della scuola e della sanità. La misura avrebbe anche costretto l’Inps, continua, “a mandare in giro ispettori per controllare che la gente non lavori”.
Boeri ha spiegato che “esiste una terza via fra chi propone di cancellare la legge Fornero e il ricalcolo pienamente contributivo”. Si potrebbe superare Quota 100 in modo molto meno traumatico di quanto si pensi. “Basterebbe evitare di avvantaggiare chi esce prima rispetto a chi decidesse di attendere: sarebbe una ragionevole scelta di equità oltre che di sostenibilità finanziaria”.
Come? Riducendo la pensione di circa l’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni e almeno 20 anni di contributi, attualmente previsti dalla tanto contestata riforma Fornero, che ha innalzato l’età pensionabile e introdotto diverse penalizzazioni sulle pensioni anticipate. Boeri ha poi lanciato l’idea di ridurre gli oneri contributivi per i giovani, “come si fece nel 2015 con la decontribuzione”.