(Teleborsa) – “Obbligo di iscrizione all’albo e diritto al rimborso della relativa spesa da parte della Pubblica amministrazione in cui l’infermiere lavora a tempo pieno e indeterminato, ma soprattutto in regime di esclusività. La Corte d’Appello di Trieste non solo dà ragione ai 215 infermieri che a luglio scorso presentarono con il Nursind un ricorso al Tribunale di Pordenone, ma delinea finalmente in maniera netta la situazione lavorativa dell’intera categoria”.
Così Andrea Bottega, Segretario nazionale del Nursind (Sindacato delle Professioni Infermieristiche) commenta la sentenza del 5 marzo le cui motivazioni sono state appena rese note. “E’ quello che abbiamo sempre sostenuto. Per noi si tratta di una vittoria importante destinata a fare giurisprudenza. Da oggi in poi, sarà chiaro a tutti che l’infermiere dipendente pubblico lavora in regime di esclusività e che non può svolgere la propria professione per terzi, a differenza dei medici a cui, per legge, non è preclusa la libera professione”.
E’ proprio da questo assunto, spiega il sindacato, che “discendono le conclusioni della Corte d’appello di Trieste e cioè che i costi dell’iscrizione all’albo, quando sussiste il vincolo di esclusività, devono gravare sull’azienda sanitaria pubblica che beneficia in via esclusiva dell’attività professionale degli infermieri. Come già accade, insomma, per la categoria degli avvocati dipendenti della Pubblica Amministrazione”.
“E’ evidente che questa sentenza – conclude Bottega – finirà col condizionare lo stato delle finanze pubbliche, ma servirà pure da sprone nei confronti del legislatore, nell’ottica della liberalizzazione dell’attività professionale autonoma dell’infermiere”.