(Teleborsa) – Già prima che il coronavirus facesse irruzione nelle nostre vite, era toccato ai giovani pagare il prezzo più alto della crisi, in particolare, dal 2008 in poi. Mentre la fase dell’emergenza non è ancora superata – e non si esclude lo scenario catastrofico di una seconda ondata in autunno – si guarda al futuro, che mai quanto ora fa paura.
La pandemia ha un effetto “devastante e sproporzionato” sui giovani lavoratori, più esposti a questa crisi anche per il tipo di attività che svolgono . Più di un ragazzo su sei ha smesso di lavorare a causa del Covid, secondo un’analisi dell’ILO (l’Organizzazione mondiale del lavoro). E quelli che sono ancora occupati hanno visto una riduzione del loro orario di lavoro del 23%.
Senza contare poi che, già prima della crisi, c’erano 267 milioni di giovani che non studiavano né lavoravano (i cosiddetti Neet, not in employment, education or training), inclusi quasi 68 milioni di disoccupati.
L’emergenza sanitaria ha reso la vita più difficile anche a molti studenti. Metà di loro si aspetta di completare i propri studi in ritardo, mentre il 10% dubita di poterli completare del tutto. Che lavorino o no, dall’inizio della pandemia la gran parte dei giovani intervistati racconta di essere diventato vulnerabile ad attacchi di ansia e depressione. Per questo, dall’ILO arriva l’appello a una risposta politica “urgente e su larga scala per evitare danni a lungo termine ai giovani in termini di formazione e prospettive nel mercato del lavoro”.