Grave shock economia, incertezze sul futuro Il numero uno della banca centrale statunitense ha parlato del più grande shock economico negli Stati Uniti a memoria d’uomo ed ha confermato che esistono grandi incertezze sul futuro e rischi al ribasso per l’economia. Ed ha fatto cenno anche ai milioni di disoccupati che questo “disastro naturale” ha provocato e provocherà nel prossimo futuro, con la sparizione di migliaia di aziende.
Non poteva essere altrimenti, visto che le stime indicano un PIL in caduta del 6,5% quest’anno per rimbalzare del 5% nel 2021 e del 3,5% nel 2022. Parallelamente, il tasso di disoccupazione dovrebbe schizzare al 9,3% quest’anno, per poi ridimensionarsi al 6,5% nel 2021 ed al 5,5% nel 2022.
dir=”auto”>Parola d’ordine: adattamento! Powell non ha fato mistero che la situazione è molto grave e promette ogni sorta sostegno da parte della Fed, ma anche da parte del Congresso che – sottolinea – “può fare di più” per sostenere l’economia e lo farà se necessario. La carta vincente sarà “adattarsi” ad uno scenario in continuo mutamento.
Dal canto suo la Fed non lesina alcun aiuto per stabilizzare le condizioni finanziarie, tramite la leva dei tassi e le misure non convenzionali, con l’obiettivo indiscusso della stabilità dell’inflazione e della piena occupazione.
Tassi fermi e giammai negativi Se i tassi resteranno fermi vicino allo zero per ancora due anni e mezzo, Powell esclude ancora una volta la possibilità di portarli in territorio negativo, come accaduto in Giappone e in Europa. UNa misura che il FOMC non prederà mai in considerazione – ha confermato, perché distorsiva, deflattiva e disincentivante per gli investitori.
E la politica dello Yield Curve Control? Il Presidente non ha voluto rispondere ad una domanda sulla politica dello Yield Curve Control, i cui da giorni si vociferava nelle tranding rom di New York, tanto che il mercato si era convinto che in questa occasione Powell vi facesse cenno. E invece niente.
Una politica di questo genere non è una novità, in USA non si era più adottata dagli anni ’40 e nella storia recente vi hanno fatto ricorso prima il Giappone e poi l’Australia.
Ad alimentare le speculazioni avevano contribuito le dichiarazioni di qualche membro del FOMC, ma i tempi forse non sono ancora “maturi” per un approccio di questo tipo, che secondo gli esperti potrebbe essere valutato più concretamente a settembre, subito dopo l’estate.