(Teleborsa) – “La pandemia da coronavirus sta schiacciando sempre più i paesi in via di sviluppo sotto il peso del debito estero, compromettendo la loro capacità di lottare contro la povertà e costringendoli a default multimiliardari, che potrebbero non solo condizionare il presente e il futuro di centinaia di milioni di persone, ma essere devastanti per l’economia globale”. Questo l’allarme lanciato da Oxfam alla vigilia del G20 Finanze in programma il prossimo 18-19 luglio.
La temporanea sospensione dei pagamenti del servizio dei debiti bilaterali decisa in aprile dal G20 Finanze – sipega Oxfam in una nota – è stato un primo passo importante, che tuttavia appare oggi inadeguato ad evitare che le conseguenze economiche della pandemia siano ancora più gravi. Al momento, infatti, non è prevista alcuna moratoria dei pagamenti nei confronti di creditori privati e banche multilaterali di sviluppo, come la Banca mondiale. Ben 73 tra i paesi più poveri del mondo hanno i requisiti per partecipare all’iniziativa di sospensione del servizio del debito (DSSI) promossa dal G20 e fino ad oggi 41 hanno presentato domanda, aspirando a un congelamento potenziale di pagamenti per 9 miliardi di dollari per il 2020. Tuttavia, secondo uno studio pubblicato oggi da Oxfam, Christian Aid e Global Justice Now, quegli stessi 73 paesi si troveranno, nel corso di quest’anno, a dover ripagare un debito di 33,7 miliardi di dollari, vale a dire 2,8 miliardi al mese, il doppio di quanto Uganda, Zambia e Malawi insieme spendono annualmente nella sanità.
Nel 2020, i 73 paesi dovranno versare infatti complessivamente almeno 11,6 miliardi di dollari (31,8 milioni al giorno) a creditori privati, compresi i fondi di investimento e le banche commerciali, e circa 13,8 miliardi di dollari (38 milioni al giorno) a istituzioni multilaterali. La sola Banca mondiale vanta nei loro confronti un credito aggregato di 3,77 miliardi di dollari (10 milioni al giorno).
“La crisi economica provocata dal coronavirus sta avendo un impatto peggiore di quello previsto ad aprile – ha detto Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia –. È imperativo per il G20 finanze evitare la catastrofe che incombe su centinaia di milioni di persone. L’iniziativa di sospensione del servizio del debito, voluta dai leader del G20, deve diventare uno strumento legalmente vincolante attraverso il quale arrivare alla cancellazione di tutti i pagamenti per debito, tra cui quelli nei confronti delle istituzioni multilaterali, fino alla fine del 2022, includendo anche i paesi a medio reddito. Il G20 deve inoltre insistere per un’analoga presa di posizione da parte dei creditori privati. Solo così si potrà proteggere l’umanità dalla peggiore crisi economica dalla Seconda guerra mondiale”.
In sostanza, secondo Oxfam, l’attuale congelamento del solo debito bilaterale per 8 mesi non sarà sufficiente a garantire ai paesi poveri tempo e liquidità necessari per far fronte alla pandemia e ai suoi impatti sulla vita di centinaia di milioni di persone. In tale scenario le risorse risparmiate non dovrebbero essere usate a copertura di esposizioni debitorie verso banche private o altri creditori, ma rimanere nella disponibilità dei Governi per garantire servizi sanitari gratuiti e prestiti a fondo perduto alle famiglie più povere. Da qui l’appello dell’Oxfam alla alla Banca Mondiale affinché “conceda da subito almeno una moratoria per i pagamenti sul debito nei suoi confronti”.
“Il G20 non dovrebbe inoltre trascurare il ruolo delle agenzie di rating che minacciano declassamenti, rendendo più costoso il rifinanziamento del debito – continua Maslennikov –. Paesi come Ghana e Kenya potrebbero risparmiare rispettivamente 354 e 802 milioni di dollari, ma non aderiscono all’iniziativa del G20 per questa ragione. Alcuni paesi a medio reddito, pur sull’orlo del fallimento, sono poi attualmente esclusi dalle misure di riduzione del debito. Le enormi necessità di spesa, a fronte del crollo delle entrate e del mancato accesso al credito potrebbero provocare una serie di default sovrani, come già accaduto in Argentina, Ecuador e Libano, con conseguenze nefaste per l’economia globale, vanificando ogni sforzo compiuto per la ripresa. Nessun paese è immune al dilagare delle crisi finanziarie che non conoscono confini”.