(Teleborsa) – Nel 2019 gli undici principali istituti di credito italiani ha evidenziato un decremento dell’utile complessivo, rispetto allo stesso periodo del 2018, di 1.128 milioni di euro. Il calo da 9,6 miliardi di euro a 8,3 miliardi è stato “originato principalmente dall’impatto che hanno avuto le nuove modifiche legislative sulle attività fiscali differite e da svalutazione straordinarie”. È quanto emerge da un’analisi del Centro Studi Uilca “Orietta Guerra” sui dati patrimoniali & economici delle banche italiane al 31 dicembre 2019. L’analisi ha preso in considerazione i dati di bilancio di Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, BancoBpm, Ubi, Bper, Credem, Volksbank, Creval, Banco Desio e Popolare di Sondrio.
“Complessivamente il sistema bancario ricomincia ad essere redditizio e lo dimostra il margine operativo lordo complessivo che è cresciuto del 2,7% rispetto al 2018 e che è stato positivo per la maggior parte degli istituti di credito analizzati – afferma il responsabile dell’Ufficio Studi Uilca Roberto Telatin –. Complessivamente i conti economici delle banche continuano ad evidenziare il calo del margine d’interesse,(-4,7%) che persiste da parecchi anni e per il quale anche a causa della politica monetaria della Banca Centrale Europea, la sua flessione rischia di proseguire ancora nei prossimi anni. Se quest’anno i ricavi complessivi sono rimasti stabili, (-0,1%) molto è dovuto ai ricavi sulla negoziazione (+51,1%), soprattutto grazie alla diminuzione dello spread sui titoli di stato italiani”.
Per il segretario generale Uilca Massimo Masi “un sistema bancario che fatica ad aumentare i ricavi ormai da parecchi anni e che ricerca i dividendi per gli azionisti riducendo i costi soprattutto del personale evidenzia anche il limite di un modello di business, raccolta e impiego di capitale, che probabilmente da solo non è più in grado di generare redditività in questo paese. Diventa necessario investire in nuovi settori, come alcuni Istituti di credito, hanno fatto, entrando ad esempio nel campo assicurativo”.
Analizzando la tabella del conto economico totale il Centro studi evidenzia come la maggior parte dell’utile arrivi dalla diminuzione dei costi operativi e delle rettifiche su crediti, quest’ultime grazie al processo di derisking che ha permesso di ridurre la rischiosità del portafoglio crediti. Dalla ricerca emerge inoltre come il NPL ratio lordo sia diminuito dal 9,5% del 2018 al 7,3% del 2019 e come oggi mediamente i crediti deteriorati netti in portafoglio rappresentino il 3,5% dei crediti netti totali.
“Pur soddisfatti del processo di rafforzamento patrimoniale operato dal management bancario attraverso la cessione degli NPL, che ha permesso di migliorare gli indicatori di solidità patrimoniale delle banche – ha concluso Masi – dovremmo monitorare le conseguenze sull’economia che questi processi innescano nella vita delle imprese e delle famiglie, perché ridurre i crediti deteriorati nelle banche non significa eliminarli definitivamente nell’economia. Lo scenario economico non è positivo per il nostro Paese nei prossimi mesi a causa sia del rallentamento dell’economia tedesca che è il più importante mercato per le nostre esportazioni, sia per gli sviluppi imprevedibili del coronavirus proveniente dalla Cina che ha di fatto rallentato e bloccato la produzione mondiale di beni e servizi, mettendo in crisi settori vitali nel nostro paese come il turismo la moda e il lusso”.
“Nei prossimi mesi – ha dichiarato Telatin – ci aspettiamo che i conti delle banche possano risentire di questi eventi che riducono i consumi, la produzione e anche l’occupazione e come lo stimolo fiscale in discussione fra le forze politiche per rilanciare l’economia italiana, riducendo o rimodulando la pressione fiscale rischi di essere inefficace con questa situazione internazionale”.