(Teleborsa) – “I toni distensivi del Presidente (di , Gian Maria Gros-Pietro, ndr) non attenuano l’effetto dirompente dell’Offerta pubblica di scambio, annunciata da Intesa su Ubi nel giorno di presentazione del nostro piano industriale, peraltro apprezzato dalla Borsa. L’Ops potrebbe determinare l’eliminazione di un concorrente solido e potenziale creatore di un terzo polo”. Lo scrive la Presidente di Banca, Letizia Moratti, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera, in risposta a quella del Presidente di Intesa Sp Gian Maria Gros-Pietro.
“E’ quindi auspicabile – aggiunge Moratti – che in Italia i processi di concentrazione portino a una pluralità di banche di dimensioni tali da poter competere tra loro. Un pluralismo che tutelerebbe il risparmio come vuole l’articolo 47 della Costituzione. Servono poli bancari alternativi, possibilmente non scelti dal più grande, ma formati liberamente sul mercato considerando i mezzi propri, la raccolta, gli impieghi e le fabbriche prodotto, considerando la massa critica quantitativa e qualitativa che senza Ubi sarebbe insufficiente. L’Ops non concordata, avrebbe solo l’effetto di elidere il concorrente cruciale a un prezzo assai inferiore al suo reale valore che, come ogni imprenditore sa, non si misura sulla quotazione finanziaria di un giorno ma sulla consistenza reale e prospettica dell’azienda”.
“D’altronde – prosegue Moratti – le operazioni di aggregazione bancaria realizzate in Italia e in Europa negli ultimi decenni, sono sempre state il risultato di azioni concordate. E’ questo il caso della storia che ha portato alla costituzione di UBI nel 2007 e anni prima della stessa Intesa. Un modus operandi di successo che comporta vantaggi, primo fra tutti, la possibilità di proseguire serenamente la propria mission nel servire i clienti e i territori di riferimento”.
E’ importante – sottolinea ancora la Presidente – “preservare l’agilità di UBI nel servire i territori e continuare a tutelare la concorrenza. E questa tutela verrebbe meno nell’ipotesi di eliminazione di UBI e la disaggregazione in parti della nostra banca.
Una situazione aggravata dal dilapidare il patrimonio di conoscenza e cultura economica che UBI condivide, in alcuni casi da oltre un secolo, con famiglie e imprese nelle aree in cui è presente. Questo valore non è rapidamente ricostituibile ed è il frutto di una disciplina oggi chiamata KYC (Know Your Customer) che ha permesso a UBI di avere una qualità del credito tra le migliori, se non la migliore, in Italia, nel corso della crisi negli anni tra il 2011 e il 2016″.
“Il lettore che confrontasse questa lettera con la precedente – conclude la Presidente di UBI -, avrà colto la diversità negli approcci e nelle culture manifestate. Fortunata quella comunità che può continuare a godere del pluralismo culturale in ogni campo. Ed è proprio per questo che è amaro osservare come questa vicenda sin dalle prime battute si sia svolta con metodi e toni che con il rispetto di opinioni e culture diverse male si conciliano. Chi invoca la trasparenza del mercato deve adottare metodi coerenti, rispettosi del diritto di voce, riottosi al fascino della censura”.