(Teleborsa) – Lo smartworking “imposto” dalla è destinato ad accelerare la rivoluzione delle aziende. Necessario e caldeggiato dal Governo in scia all’esplosione dell’emergenza sanitaria, nel nostro Paese marciava a passo piuttosto lento: in Italia, secondo l’Osservatorio della School of management del Politecnico di Milano nel 2019 ne hanno fruito 570mila lavoratori, con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. Numeri che, come detto, si sono letteralmente impennati negli ultimi mesi.
Una modalità di lavoro che piace ai più, non esente da criticità. Ed ora, con la prospettiva di un ritorno sul posto di lavoro più vicina, sempre nel rispetto di regole e distanziamento, è partita anche la riflessione sul tema.
Da un recente studio Euromobility sui mesi di lockdown, emerge che il 47% dei cittadini si dichiara molto soddisfatto dell’esperienza di lavoro agile e il 45% abbastanza soddisfatto. Il 37% vorrebbe mantenere lo smart working il più possibile, mentre il 52% si augura di poter continuare a praticarlo almeno qualche giorno a settimana. Considerando che il 68% degli interpellati ha dichiarato di utilizzare normalmente l’automobile per recarsi al lavoro, città meno congestionate e una migliore qualità della vita potrebbero non essere più un miraggio.
L’improvvisa transizione allo smart working a distanza ha portato anche alla luce le disuguaglianze tra lavori: da una parte quelli che possono essere svolti anche fuori dall’ufficio tendono ad essere anche quelli più remunerati e dall’altra quelli che richiedono presenza fisica presentando anche livelli di retribuzione più bassa. Lo sottolinea il report di Citi “A new world of remote work” che accende i riflettori su un’altra implicazione tutt’altro che secondaria.
“Stimiamo che le emissioni di CO2 negli Stati Uniti potrebbero essere ridotto di 20 milioni di tonnellate all’anno, l’equivalente di 4,3 milioni di autovetture, se il 52% dei lavoratori operasse da casa un giorno a settimana. Oltre a tagli extra di emissioni di CO2 derivanti da aerei e uffici”, dice Robert Garlick, head of Citi Research. “Questo è un aspetto molto importante dato che inquinamento atmosferico da solo, stima l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è responsabile di circa 7 milioni di morti ogni anno. Non solo, gli incidenti stradali sono una delle prime 10 cause di morte e la riduzione dei viaggi pendolari potrebbero salvare vite umane”.