(Teleborsa) – Per i sindacati c’è al primo posto il rinnovo dei contratti, Confindustria punta sul salario di produttività. Si è svolto ieri, nella sede degli imprenditori in viale dell’Astronomia, il primo incontro dopo l’elezione del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, e i leader di Cgil, Cisl e Uil.
Nuovi ammortizzatori, politiche attive del lavoro, ruolo agenzie per il lavoro, contratti come da intese 2018, criteri seri di rappresentanza, trattamento economico minimo, salario di produttività, più formazione e welfare. Questi i temi messi sul tavolo da Bonomi che con questo incontro ha voluto lanciare “un segnale al Paese e alla politica” per dare la spinta necessaria per ripartire. “Non abbiamo affrontato il tema della riduzione dell’orario di lavoro“, ma “non è quella la strada da perseguire. Bisogna perseguire altre strade, strade moderne per coniugare il salario alla produttività – ha spiegato il presidente di Confindustria al termine dell’inconto –. La domanda è chi paga. Abbiamo avuto parecchi esempi di chi ha seguito quella strada per esempio la Francia di Mitterand. Sono tutti tornati indietro, leccandosi le ferite”.
Un confronto definito “utile” da ambo i lati, nel corso del quale Confindustria ha “ribadito di vedere i contratti di lavoro come strumento per ridisegnare l’industria del futuro”. Da imprenditore Bonomi si è detto “ottimista” confermando la volontà di proseguire con il Patto della Fabbrica. “Abbiamo confermato che il disegno è giusto, ma – ha affermato il presidente degli industriali – servono ancora chiarimenti per sbloccare tutti i rinnovi, a cominciare dagli alimentaristi. E questo – ha proseguito ricordando le minacce ricevute dagli imprenditori – è importante anche per rispondere a quel clima anti industriale che non arriva dall’interno delle fabbriche. Auspico – ha aggiunto Bonomi – che semmai dovesse accadere di nuovo ci sia una presa d’imposizione da parte dei sindacati senza se e senza ma”. Sebbene nessun nuovo round sia stato ancora calendarizzato,”l’intenzione – per Bonomi – è quella di sciogliere alcuni nodi per fare proseguire il più possibile la stagione contrattuale. Anche noi vogliamo dare risposte a quei milioni di lavoratori in attesa, ma in una visione di un mondo del lavoro nuova”.
Toccato da Confindustria e sindacati anche il tema della riforma del fisco seppur solo “in termini generali” dal momento che all’incontro mancava l’attore principale, il Governo. “Il Paese ha necessità di rivedere l’impianto fiscale – ha sottolineato Bonomi – ma serve una riforma organica. Per ora il modello non è chiaro. Auspicavamo una riforma più complessiva, più ampia. Il Paese non può pensare che sia la tassazione del mondo del lavoro a mantenere tutto il resto. Dobbiamo avere il coraggio di pensare a una tassazione di altri comparti”.
“Con il presidente di Confindustria non abbiamo parlato del tema licenziamenti. Se in questi mesi non avessimo avuto il blocco dei licenziamenti non solo avremmo avuto macelleria sociale, ma il clima di coesione sociale sarebbe andato in frantumi – ha commentato la leader della Cisl, Annamaria Furlan –. Quello he dobbiamo fare oggi è creare le condizioni perché le aziende non abbiano più all’ordine del giorno il tema dei licenziamenti, facendo ripartire l’economia con progetti reali e i 209 miliardi del Recovery Fund devono servire per questo. E anche per questo abbiamo sollecitato il Governo a sciogliere le riserve sul Mes”.
“Se la produttività del Paese è bassa – ha affermato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini commentando la proposta di Bonomi – è perché si è investito poco nei prodotti e questo fa sì che si crei un valore aggiunto minore da redistribuire con i salari. In fondo, il salario è sempre un salario di produttività, in quanto si redistribuisce un plusvalore generato con il prodotto. Nei Paesi in cui la produttività è più alta, la precarietà è più bassa, da noi è il contrario, perché spesso in Italia si è scambiata la concorrenza tra le imprese con la concorrenza tra i lavoratori, per esempio con quanto avvenuto con il sistema degli appalti, i subappalti, le finte cooperative, in cui è il salario del lavoratore a fare la differenza di competitività tra le imprese”.
Sul fronte del Patto per la Fabbrica il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha affermato che “resta un punto di riferimento” ma – ha sottolineato – “è bene ricordare che i contratti li sottoscrivono le categorie. La rivoluzione in questo Paese – ha concluso il leader della Uil – la si fa ridando potere d’acquisto ai lavoratori e rinnovando i contratti. Se questo non avvenisse, la rivoluzione la faremo andando in tutti i luoghi di lavoro a spiegare quello che succede”.