(Teleborsa) – Le informazioni disponibili per i mesi di luglio e agosto, seppure ancora parziali, suggeriscono il proseguimento della fase di ripresa. È quanto ha sottolineato il Direttore del dipartimento per la produzione statistica dell’Istat, Roberto Monducci, nel corso dell’audizione alla Commissione Bilancio della Camera sull’utilizzo dei fondi del Recovery Fund.
“Il clima di fiducia delle imprese – afferma – è aumentato in entrambi i mesi in tutti i settori economici anche se i livelli degli indicatori sono ancora inferiori a quelli precedenti la crisi, soprattutto nei servizi di mercato. Ulteriori segnali positivi si rilevano a luglio quando, rispetto al mese precedente, si osservano aumenti nei dati dei consumi elettrici e della fatturazione elettronica”. Sono rilevanti anche i dati di luglio sull’occupazione con la crescita di 85.000 unità su giugno.
Sempre nel corso dell’audizione l’Istat rileva che l’Italia ha registrato tra il 2010 e il 2019 un processo di indebolimento della dinamica di accumulazione del capitale con un vero e proprio crollo degli investimenti pubblici.
“Nel 2019 – si legge – la spesa complessiva per investimenti, valutata a prezzi correnti, è stata pari a 322,7 miliardi di euro, lo stesso livello del 2010 (322,6 miliardi). Tuttavia, al suo interno, gli investimenti delle Amministrazioni pubbliche sono diminuiti nel periodo del 18,9%, mentre quelli del settore privato (che includono anche le unità a controllo pubblico non classificate nel settore delle Amministrazioni pubbliche) sono aumentati del 3,5%. Se rapportata al PIL, dal 2008 al 2019 la quota di investimenti pubblici italiani è scesa di circa un punto percentuale (da 3,2% a 2,3%) attestandosi su un livello inferiore di quello dell’area euro (pari al 2,8% nel 2019). Il maggior contributo al calo degli investimenti pubblici – si legge – è venuto dalle amministrazioni locali, con una riduzione tra il 2010 e il 2019 del 26,5%, mentre per le Amministrazioni centrali e gli Enti di previdenza la contrazione è stata più contenuta (-6,6%)”.
Capitolo istruzione – I giovani italiani – si legge – sono più istruiti del resto della popolazione ma lo svantaggio dell’Italia rispetto al resto dell’Europa è comunque marcato. La strategia Europa 2020 individuava tra i target per l’istruzione l’innalzamento della quota
di 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario (con un obiettivo pari al 40%), considerato un elemento fondamentale per una “società della conoscenza“.
Nel 2019, in Italia, la quota di giovani laureati è del 27,6% mentre l’Unione Europea nel suo complesso e grandi paesi come la Francia e la Spagna hanno già superato il target previsto. L’Italia resta al penultimo posto nell’UE, sopra la Romania.
Monducci rileva anche che “complessivamente solo 4 imprese ogni 100 possono essere definite digitalmente mature, ovvero caratterizzate da un utilizzo integrato delle tecnologie disponibili”.