(Teleborsa) – La pandemia Covid-19 che ha colpito il mondo intero ha posto problemi organizzativi e non indifferenti anche per il Paese Italia. Oltre e dopo quelli della salute, ne spiccano due in modo particolare: Tecnologia e Scuola con insegnamento a distanza, la cosiddetta DaD. Alcune fonti collocano l’Italia quasi al fondo della classifica per alcuni specifici interventi nella Tecnologia. Due i temi.
Su un corpo di circa 8 milioni di studenti si calcola che circa 800 mila alunni siano in estrema difficoltà per avere insegnamento a distanza. Sono circa ottocentomila gli studenti che o non posseggono computer/tablet o hanno pc/tablet ma non la connettività. I siti di Infratel, società del Ministero di competenza (MISE e MEF) possono documentare i territori/zone/Unità territoriali in situazione di carenza o di criticità di collegamento. Altra situazione che presenta criticità particolari è costituito dai collegamenti via etere. La RAI invitata a scendere in campo con canali dedicati all’insegnamento non ha ancora risposto a chi ha avanzato proposte. Varie aree del territorio, comunque, a tutt’oggi hanno difficoltà di segnale. Se non addirittura assenza.
“I comuni montani in Italia sono 3850 per oltre la metà della superfici dell’Italia (300.000 kmq) – ci dice Marco Bussone, Presidente UNCEM (Unione Nazionale Comuni Montani) – e ci impongono di spingere sulle Istituzioni per l’accelerazione del Piano banda ultralarga e di lavorare per un’azione che porti servizi scolastici, sociali e trasporti di qualità affinché i territori, i borghi, le zone montane del Paese, non subiscano continui tagli”.
La scuola materna in questo periodo presenta ulteriori aspetti di criticità per maestri, bimbi (dai tre ai sei anni), genitori e collegamenti di connessione e di utilizzo di strumenti tecnologici. L’analisi della composizione delle famiglie italiane (circa 26 milioni) mostra problemi di non operatività pratica ancor più se queste famiglie vivono in zone periferiche, rurali, di montagna. Una famiglia a reddito non elevato, composta da genitori (magari in smart working) e figlio/i in età scolastica spesso non significa un device a testa. A volte non ne hanno neppure uno. E a volte non hanno il segnale. E queste situazioni non sono poi così rare. Se poi intervengono in scena i nonni con la custodia dei ragazzi, la situazione a volte non migliora e certamente non per colpa loro.
Da Istat si apprende che “nel periodo 2018-2019, il 33,8% delle famiglie non ha computer o tablet in casa, la quota scende al 14,3% tra le famiglie con almeno un minore. Solo per il 22,2% delle famiglie ogni componente ha a disposizione un pc o tablet. Nel Mezzogiorno d’Italia il 41,6% delle famiglie è senza computer in casa (rispetto a una media di circa il 30% nelle altre aree del Paese) e solo il 14,1% ha a disposizione almeno un computer per ciascun componente. Il 12,3% dei ragazzi tra 6 e 17 anni non ha un computer o un tablet a casa, la quota raggiunge quasi un quinto nel Mezzogiorno (470 mila ragazzi). Solo il 6,1% vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ogni componente. Nel 2019, tra gli adolescenti di 14-17 anni che hanno usato internet negli ultimi 3 mesi, due su 3 hanno competenze digitali basse o di base mentre meno di tre su 10 (pari a circa 700 mila ragazzi) si attestano su livelli alti. Oltre un quarto delle persone vive in condizioni di sovraffollamento abitativo, la quota sale al 41,9% tra i minori.”
Il fenomeno-coronavirus ha accentuato il richiamo sul tema dell’abbandono scolastico e altre criticità che spesso si verificano fra Anagrafe degli Studenti (SIDI), autorità scolastiche, organizzazioni sociali, Enti locali per interventi di individuazione e recuperi delle assenze e degli abbandoni. Le criticità acuiscono l’intero sistema scolastico con un corpo insegnante di circa 800 mila persone di cui un quarto precari. Norme e provvedimenti in questi ultimi anni non hanno facilitato i precari nell’acquisto di strumenti tecnologici. Temi su cui abbiamo voluto rivolgere alcune domande a persone con esperienza nel settore.
Abbiamo dunque parlato con Marcello Pacifico, di Palermo, insegnante di lettere, Presidente nazionale di Anief dalla sua fondazione, attualmente anche Segretario confederale della Cisal e vice-Presidente dell’Accademia Cesi. Anief è sindacato rappresentativo del comparto istruzione e ricerca per il triennio 2019/2021, rappresenta più di 50 mila insegnanti della scuola italiana, oltre che personale delle accademie, Università ed Enti di ricerca, aderisce alla Cisal (Confederazione rappresentativa nel pubblico impiego) e al Cesi, Confederazione europea rappresentativa di 5 milioni di lavoratori nel pubblico e privato.
Prof Pacifico, qual è il pensiero di ANIEF su SIDI/Anagrafe degli studenti e possibilità di avere uno strumento per impedire la “dispersione scolastica”? Vi sono forme di collaborazione fra Anagrafe SIDI, Insegnanti, Sindaci/Enti Locali?
“L’anagrafe degli studenti è uno strumento che il Ministero utilizza per effettuare indagini statistiche. Le scuole devono tra dicembre e gennaio aggiornare i dati a sistema. Gli insegnanti possono segnalare ad assistenti sociali, autorità competenti, casi di abbandono ma non esiste una collaborazione vera e propria disposta dall’Amministrazione statale per lottare contro la dispersione scolastica, al di là della sensibilità di chi si ritrova a dover affrontare il caso.
Anief ha chiesto da tempo di iniziare a far diminuire questo numero e a richiedere a Roma organici differenziati in base proprio al tasso rilevato. Non è utile garantire lo stesso rapporto tra docenti e studenti in ogni scuola senza prescindere dalle esigenze del territorio. Dove il fenomeno dell’abbandono è più elevato c’è bisogno di più tempo da parte degli insegnanti per seguire gli alunni. Poi senza una sinergia con il tessuto sociale servirebbe a poco il lavoro svolto a scuola dalla comunità educante”.
Molti insegnati, sembra 200.000 su un corpo insegnante di 800.000 docenti, hanno situazioni critiche nella disponibilità di pc/tablet/ connettività. Pertanto per periodi analoghi, esempio autunno 2020, se dovesse ripetersi l’esperienza attuale di insegnamento telematico ANIEF ha già avanzato proposte o ha allo studio la formulazione di proposte per il ministero e/o autorità a livello locale?
“Il periodo che stiamo vivendo è eccezionale. Nel mese di marzo la didattica a distanza ha coinvolto un milione di insegnanti 200 mila in lavoro agile per una scuola che non era preparata sostanzialmente a questo. Eppure in un Paese dove è alto e quotidiano l’utilizzo di smartphone, l’utilizzo del digitale è avvenuto comunque, anche se con tutte le difficoltà del caso, ivi inclusa la reperibilità di strumenti di connessione idonei, veloci, non congestionati e di facile utilizzo e reperibilità. Ovviamente non tutti sono stati in grado di utilizzarli perché non istruiti o restii ancora ad abbracciare il mondo digitale. Poi ci sono i casi oggettivi di 200 mila docenti supplenti che a proprie spese hanno dovuto dotarsi di strumenti informatici senza poter utilizzare quella card docenti di 500 euro annuale garantita da cinque anni al personale di ruolo. Da metà aprile, la DaD è divenuta obbligatoria ma sempre con mezzi a disposizione degli insegnanti. Questo è sbagliato. Abbiamo chiesto che tutti siano messi nelle condizioni di poter esercitare questa DaD e con strumenti forniti dall’amministrazione. La stessa solidarietà digitale non copre i giga necessari per garantire tutte le connessioni. Prima di ottobre speriamo che il Governo ci risponda”.
Siete stati sensibilizzai da iniziative del Ministero e dalle Autorità Scolastiche Regionali e Provinciali per fornitura di pc/tablet e per formazione degli insegnanti in generale e specificamente per l’insegnamento a distanza?
“No, purtroppo il Ministero ha proceduto senza convocare, mentre ogni autorità scolastica sta cercando di combattere il divide digital attraverso la messa a disposizione per le famiglie degli strumenti informativi alla luce del finanziamento autorizzato dal Governo. Purtroppo, però, ancora di più nelle zone maggiormente colpite dalla pandemia, l’erogazione di questi strumenti è difficile, per la chiusura dei plessi, per le limitazioni agli spostamenti di tutti i cittadini, al punto che spesso è la stessa Protezione Civile deputata dai dirigenti scolastici alla consegna di pc o tablet in comodato d’uso. Speriamo che il Governo ci ascolti la prossima volta prima di dare disposizioni. In alcune realtà regionali ci sono stati degli incontri ma lasciati alla sensibilità dei singoli direttori scolastici o assessori regionali senza una regola condivisa.”
Cosa farete a ottobre se Vi troverete di nuovo in condizioni analoghe a quelle dei primi mesi di quest’anno?
“Non bisogna aspettare ottobre, entro quest’estate chiediamo al Governo di attrezzare tutta la comunità educante a un possibile ripetersi in forma ordinaria della DaD. Sarebbe da irresponsabili non fare tesoro di questa esperienza anche se è impensabile che a regime la mediazione didattica in presenza possa essere sostituita da quella a distanza.”
Si sta facendo qualcosa?
“Il Governo ha approvato un Decreto legge sull’inizio del nuovo scolastico ma non c’è traccia dei provvedimenti che a regime dovrebbero essere presi e un altro Decreto per cominciare a dotare docenti e studenti degli strumenti informatici. Ma non basta. Si parla di ordinanze ministeriali per chiudere quest’anno scolastico, per prorogare tempi e procedure per la mobilità e l’assunzione del personale per l’inizio del nuovo, ma non capiamo ancora come a regime tutti possano essere messi nelle condizioni di svolgere e partecipare nella DaD rispetto a quanto successo in questi lunghi due mesi. Da quando è diventato obbligatoria, famiglie insegnanti studenti sono sempre collegati, alcuni continuano a non potersi connettere e ad avere problemi. Bisogna dotare le scuole dell’autonomia necessaria, anche in termini di risorse umane e finanziarie, per affrontare questa sfida. Anche se, devo dirlo chiaramente, spero che si ritorni alla didattica in presenza come strumento ordinario al di là della fine dell’emergenza sanitaria, perché il rapporto in presenta tra alunni e insegnanti è insostituibile”.
In ogni caso, per far uscire la scuola dalla ultra decennale emergenza in cui è rovinosamente precipitata, la ricetta che da ogni parte viene avanzata sempre più è la stessa: Investire per ridurre la spesa. Spendere in investimenti per risparmiare. (1 continua)
di Egidio Pedrini