(Teleborsa) – Con il Dl liquidità si potrebbero attivare fino a 502 miliardi di garanzie tramite il Fondo di garanzia per le PMI, ma oltre la metà, circa 350 miliardi, andrebbero alla rinegoziazione di debiti già esistenti.
Sono le stime pubblicate in uno studio dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio depositato in commissione Finanze della Camera sul provvedimento ancora in esame.
In dettaglio, lo report evidenzia che “quasi 46 miliardi (per oltre 4,4 milioni di beneficiari) sarebbero relative ai prestiti di importo fino a 25.000 euro. Sulla base di questa quantificazione massima del livello di garanzie richiedibili – aggiunge l’Upb – applicando opportuni coefficienti di rischiosità, si stima un impegno potenziale complessivo per la finanza pubblica di quasi 15 miliardi a valere sui prossimi anni”.
Le stime, precisa il report, si riferiscono a “importi massimi basati sull’ipotesi poco plausibile che tutte le imprese e i lavoratori autonomi facciano richiesta di prestiti garantiti per l’importo massimo consentito e che le banche accordino tali prestiti a tutti i soggetti, con l’eccezione di quelli con basso merito di credito”.
La realtà, sottolinea l’Upb, sarà diversa considerando che “non tutti i soggetti coinvolti saranno interessati a ricevere i prestiti garantiti per l’importo massimo consentito in considerazione anche del fatto che poi questi prestiti dovranno essere ripagati in sei anni”, Inoltre, “le banche concederanno prestiti, sebbene garantiti ampiamente o totalmente dallo Stato, soltanto dopo adeguate istruttorie ai soli imprenditori con un adeguato merito di credito”.
Sul totale, il report evidenzia che oltre la metà saranno destinati alla rinegoziazione di debiti esistenti, come tra l’altro previsto dal decreto.
“A fronte di questa possibilità- prosegue l’Upb – le banche, per ridurre il proprio rischio, saranno incentivate a sollecitare tali tipi di operazioni, così come vi potrebbero essere imprese interessate a migliorare la propria situazione debitoria. Tali operazioni determinerebbero un aumento delle garanzie che non si rifletterebbe integralmente in nuovo credito per le imprese”, rileva lo studio.
Per l’Upb “possibili indicazioni di massima dei debiti ristrutturabili o per i quali potrebbe essere ampliata o introdotta la copertura da garanzia possono essere tratte dall’esposizione nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che emerge dai bilanci del 2018 delle società di capitale che possono avere accesso al Fondo delle PMI, pari a circa 350 miliardi (di cui 200 a medio termine)”.
A ciò si aggiunge un altro tassello. Secondo lo studio “il sostegno alle imprese attraverso la concessione di prestiti può generare nel medio termine un peso insostenibile del debito” per le stesse imprese.
Alle criticità del provvedimento, sottolinea l’Upb “si aggiungono alcune considerazioni sulla capacità delle imprese di reagire, nel medio termine, allo shock causato dalla pandemia e di sostenere il peso del debito che potrebbero accollarsi nei prossimi mesi”.
Secondo lo studio “la perdita di fatturato subita negli ultimi e nei prossimi mesi non necessariamente sarà immediatamente recuperabile. Le imprese impiegheranno del tempo per ritornare alle condizioni di redditività precedenti la pandemia o migliori. Quelle che avranno la capacità di sopravvivere alla crisi si troveranno con bilanci appesantiti dall’indebitamento al quale avranno avuto nel frattempo accesso e sarà più difficile ricorrere a forme di credito aggiuntivo“.
Data la situazione, per l’Upb potrebbe non bastare neanche l’introduzione di incentivi alla capitalizzazione allo studio del governo perché “le imprese potrebbero trovare un limite nella possibilità di ricorrere a nuovo capitale di rischio” e “proprio per questa ragione, vi sono discussioni sull’opportunità di sostenere la patrimonializzazione delle imprese, almeno in una prima fase, attraverso capitale pubblico”.