(Teleborsa) – “Necessari interventi volti a preservare la capacità produttiva del sistema economico e le sue potenzialità di crescita e a garantire l’occupazione senza gravare sui conti delle imprese, attraverso gli strumenti della CIGO e Cassa in deroga e gli altri istituti”. È quanto osserva la Corte dei Conti nella Memoria scritta inviata Parlamento nell’ambito delle consultazioni preliminari all’esame del disegno di legge A.S. 1925 di conversione del decreto-legge 104/2020, il cosiddetto Dl Agosto.
Per la magistratura contabile in un contesto di emergenza sanitaria quale quello che stiamo attraversando, la politica di bilancio è chiamata a giocare un ruolo indispensabile. “Il decreto 104/2020, oggi all’esame del Parlamento, – sottolinea la Corte dei Conti – si pone in continuità con quelli varati nei mesi scorsi, concentrando gli interventi sui comparti più interessati dalla crisi e sulle misure a favore dei lavoratori, attraverso gli strumenti della cassa integrazione e confermando, per quanto riguarda la liquidità delle imprese, le misure basate sulla proroga dei versamenti tributari e contributivi”. Uno scenario che, secondo la Corte, “dovrebbe indurre una riconsiderazione delle politiche passive per il lavoro, in un quadro che tenga conto delle molteplici esigenze emerse: tra esse, una maggiore semplificazione e una più chiara separazione della funzione assicurativa generale da quella connessa alla gestione dei processi di crisi strutturale e delle correlate esigenze di ricollocazione dei lavoratori”. Se, infatti, la scelta iniziale di procedere ad erogazioni di indennità diffuse e basate su criteri non eccessivamente discriminanti, è stata “positiva”, per i giudici di viale Mazzini, “si pone ora la necessità di collegare le stesse alle condizioni economiche complessive dei percipienti“.
Dopo aver valutato positivamente “il rifinanziamento di misure del Piano Transizione 4.0, degli investimenti strategici innovativi e, in particolare, del Fondo IPCEI per consentire l’erogazione dei contributi alle imprese che partecipano agli Importanti Progetti di Interesse Comune Europeo”, come “importante occasione di sviluppo per le imprese, anche di piccole e medie dimensioni, operanti nei settori più innovativi” e giudicato “giustificato” in relazione all’attuale contesto economico il rafforzamento patrimoniale delle imprese di maggiori dimensioni in difficoltà, attraverso l’utilizzo del “Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività di impresa” le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte avvertono che “tale finalità di salvaguardia dovrà essere adeguatamente contemperata con le esigenze di sana gestione delle risorse pubbliche, che dovranno confluire sulle imprese caratterizzate da una ragionevole prospettiva di recupero economico”.
A partire dal decreto 18/2020 (Cura Italia), secondo i dati contenuti nella Memoria della Corte, complessivamente, con i principali provvedimenti di incentivo che si sono accumulati, sono stati erogati “oltre 11 miliardi, di cui circa il 40 per cento costituito da esenzioni temporanee di imposta e il resto diviso in una miriade di piccoli interventi, spesso rimodulati più volte nei decreti che si sono succeduti, ma di limitato impatto nel medio periodo”.
Quanto alle ulteriori direzioni in cui muove il decreto, se positivo è l’impegno su servizi sanitari e scolastici e sugli enti territoriali in difficoltà “con reintegro delle risorse intaccate dal calo del gettito tributario, il sostegno alle spese di investimento e interventi, anche finanziari, rivolti a mitigare gli effetti dell’emergenza sugli enti che presentano criticità finanziarie (in procedura di riequilibrio ex art. 243-bis, in programma di rientro dal deficit strutturale) nonché la sospensione dei termini procedimentali dei piani e delle stesse procedure esecutive avviate dai creditori”, tali misure – si legge nella Memoria depositata nella Commissione Bilancio del Senato – “si innestano in un contesto normativo già frammentario e disorganico che richiederebbe, invece, una riconsiderazione complessiva al fine di costruire assetti normativi efficaci e stabili, evitando il ricorso a interventi che non contribuiscono a risolvere strutturalmente i problemi, ma si limitano a differirli. Essi mancano di un respiro sistematico e ciò non può che creare incertezza nelle amministrazioni”.
Sul fronte degli interventi sulla coesione territoriale la Corte afferma che “va attentamente vagliata la scelta di utilizzare una parte relativamente cospicua di risorse per fiscalizzare gli oneri sociali per le imprese del Sud” in quanto, “oltre a mancare al momento un bilancio complessivo degli effetti prodotti dalle politiche di decontribuzione per i lavoratori giovani assunti a tempo indeterminato introdotte negli ultimi anni, vi è da chiedersi se il contesto postpandemia (possibilità di processi di re-shoring, spinta al riposizionamento di paesi e regioni nelle catene globali del valore, ecc.) non induca ad affrontare il tema della competitività del Mezzogiorno in una logica diversa dalla riduzione del costo del lavoro”.