(Teleborsa) – Escluso il comparto agricolo un’impresa su due è stata costretta a interrompere le proprie attività per le misure di contenimento adottate dal Governo per fronteggiare la diffusione del covid-19: in totale 2milioni 100mila unità, corrispondenti a poco meno della metà imprese attive (47,3%). Oltre al comparto agroalimentare i settori che non hanno subito restrizioni sono quelli di pubblica utilità (energia, elettricità, rifiuti) insieme ai servizi di trasporto, di informazione, l‘istruzione, la sanità e le attività finanziarie e assicurative. E’ quanto emerge dal policy brief “Covid-19: misure di contenimento dell’epidemia e impatto sull’occupazione” curato dall’Inapp, l’istituto per l’analisi delle politiche pubbliche.
“Le misure di sospensione delle attività produttive hanno agito in misura maggiore su settori caratterizzati, più di altri, dalla necessità di svolgere la prestazione lavorativa sul luogo di lavoro, come la gran parte delle imprese manifatturiere, mentre in buona parte dei settori rimasti attivi il lavoro ha caratteristiche tali da permettere uno svolgimento in modalità remota, telelavoro o lavoro agile – spiega Sebastiano Fadda, Presidente dell’Inapp – dai dati analizzati si ricava che sono soprattutto le micro e piccole imprese ad essere più colpite dalle misure di sospensione dell’attività produttiva. Queste, peraltro, per molte ragioni, incontreranno maggiori difficoltà nel sopravvivere a un periodo prolungato di assenza di fatturato e meritano pertanto particolare attenzione nella predisposizione di adeguate misure non solo per garantirne la sopravvivenza, ma anche per assicurarne la ripresa”.