(Teleborsa) – La reazione di bilancio dell’Italia è stata “forte e appropriata” ed ora “sta alla politica italiana decidere se usare il Mes”. È quanto ha affermato il responsabile del Dipartimento europeo del Fondo monetario internazionale, Poul Thomsen esprimendo il sostegno dell’organizzazione alla strategia intrapresa dal nostro Paese.
Fra sostegno ai redditi, spese sanitarie e altre misure fiscali gli interventi diretti decisi finora dal governo italiano per affrontare l’emergenza coronavirus – rileva il Fmi nel Fiscal Monitor – valgono l’1,2% del PIL (circa 20 miliardi di euro), uno dei valori più bassi fra i paesi del G20 (in Giappone si toccano circa i 500 miliardi di dollari, il 10% del PIl). Ma se in questa valutazione si include il valore delle garanzie offerte sui prestiti, per aumentare la liquidità alle imprese (pari a 550 miliardi, il 32,4% del PIL) si scopre che il nostro Paese è al top del G20 per l’entità complessiva degli interventi, secondo solo alla Germania (34% totale contro il 33,6% dell’Italia).
Al momento, rileva Thomsen, “l’impatto sul PIL è più forte in paesi come l’Italia e la Spagna rispetto ai paesi del nord”, questo a causa della maggiore diffusione del coronavirus in queste Nazioni, attualmente tra le più colpite, ma anche “per la loro dipendenza dal turismo”. Tuttavia, secondo l’economista danese, “una volta che ci sarà la ripresa è difficile dire chi sarà più colpito” e la situazione potrebbe peggiorare drasticamente anche al Nord dove “molte economie sono fortemente dipendenti dall’export”. Pertanto “l’outlook dipenderà molto dalla traiettoria per la post-ripresa”.
Il responsabile del Dipartimento europeo del Fmi ha evidenziato come in Europa a questa “crisi senza precedenti” sia stata data una “risposta senza precedenti”. Una “risposta forte” che il Fondo sostiene a patto che sia “mirata e temporanea”. Per Thomsen “tutti i Paesi europei hanno spazio necessario per reagire in modo forte e appropriato per fare quello di cui c’è bisogno nel combattere la pandemia”. I timori che la politica monetaria non fosse efficace visti i tassi già bassi, per il Fmi si sono, infatti, rivelati infondati. “Guardando avanti ai prossimi mesi l’attenzione deve andare sull’assicurare che tutti i paesi abbiano lo spazio politico necessario per mantenere una risposta forte fino a quando l’emergenza sanitaria sarà sotto controllo. Fra i paesi dell’Europa più avanzata – osserva Thomsen – l’attenzione è stata nell’assicurare che i paesi dell’area euro con un debito relativamente alto possano mettere in campo le misure necessarie per affrontare l’emergenza senza l’incertezza del mercato o un aumento degli spread”. In questo senso il Fmi sostiene “con forza l’azione della Bce in quanto si prevede un forte aumento dell’indebitamento dei paesi europei.
LE STIME DEL FMI – “Deficit più elevati in Europa sono appropriati” afferma Thomsen annunciando che, sul fronte dei deficit di bilancio, in Europa il Fmi stima, in media, un aumento pari al 6% del PIL nel 2020. Nel dettaglio – secondo i dati forniti dal Fmi nel Fiscal Monitor – il deficit dell’Italia salirà all’8,3% nel 2020 dall’1,6% del 2019 per poi calare al 3,5% nel 2021; per la Francia il Fondo stima un deficit al 9,2% del PIL dal 3,0% del 2019; mentre per la Germania il disavanzo salirà al 5,5%. In questo scenario che vede una “recessione senza precedenti in generazioni”, secondo le previsioni del Fmi, “il PIL dell’Europa si contrarrà del 6,5% nel 2020” con un impatto, dunque, maggiore di quello della crisi finanziaria. “Le stime – spiega Thomsen – si basano su una graduale normalizzazione a partire dalla seconda metà dell’anno. I servizi non essenziali soggetti alle chiusure rappresentano un terzo in media dell’economia europea. Questo significa che ogni mese di chiusura è una riduzione del PIL annuale del 3%”. A farne maggiormente le spese, per il Fmi, saranno le “economie avanzate dell’Europa” in quanto soggette a una “recessione più pronunciata”. Il debito dell’Italia, in particolare, è atteso salire al 155,5% nel 2020 dal 134,8% del PIL nel 2019 mentre nel 2021 è previsto al 150,4% del PIL (il debito netto dell’Italia è, invece, stimato al 142,7% nel 2020 e al 138,3% nel 2021). Il Fmi stima debiti sopra al 150% del PIL anche per la Grecia (200,8% nel 2020 e 194,8% nel 2021) e, ampliando lo sguardo, per il Giappone (251,9% quest’anno e 247,6% il prossimo), e per gli Stati Uniti dove è previsto un balzo del debito al 131,1% del PIL nel 2020 dal 109,0% del 2019. In sostanza, per il Fondo, il coronavirus e le sue conseguenze economiche causeranno un significativo aumento dei deficit e del debito a livello globale. La contrazione dell’economia provocherà una riduzione ancora maggiore delle entrate e a questo si aggiungono 3.300 miliardi di dollari di spese sanitarie e spese per sostenere famiglie e imprese e i fondi sborsati per le istituzioni finanziarie e non. Le misure fiscali prese finora, a livello globale, per contrastare la crisi sanitaria e finanziaria del coronavirus ammontano a quasi 8mila miliardi di dollari mentre le iniezioni di capitale e le garanzie ammontano a 4.500 miliardi.
IL PACCHETTO DI AIUTI EUROPEO – “Sosteniamo l’azione dell’Europa per assicurare che gli sforzi nazionali siano sostenuti con forza a livello europeo”. In vista del Consiglio europeo del prossimo 23 aprile 2020, nel quale i capi di Stato e di Governo dei paesi dell’Ue saranno chiamati a decidere sull‘accordo trovato dall’Eurogruppo, Thomsen si è espresso in merito all’adeguatezza del pacchetto di aiuti da 500 miliardi di euro approvato la scorsa settimana definendolo “una risposta forte”. “I leader – ha affermato l’Economista – hanno messo in evidenza che se la situazione di rivelasse più difficile delle attese sono pronti a fare di più. E come abbiamo visto in passato alla fine i leader europei faranno quello che è necessario”. Per il direttore del dipartimento affari fiscali del Fondo Monetario Internazionale, Vitor Gaspar, tuttavia, se “in una pandemia le politiche fiscali sono cruciali per salvare vite umane e i Governi devono fare tutto il necessario” devono anche “conservare gli scontrini”. Con una metafora che rimanda a una necessaria responsabilità Gaspar sottolinea la necessità di “uno stimolo fiscale coordinato a livello globale. Il coordinamento – sottolinea l’economista portoghese – potenzia l’efficacia delle azioni politiche. Ma al tempo stesso deve rispettare le forti differenze fra i paesi, soprattutto nella loro capacità di finanziarsi”.
LA QUESTIONE CORONABOND – “Non abbiamo preso una posizione sui coronabond, la nostra posizione è che ci sia un’adeguata, forte risposta a livello europeo. E penso che l’abbiamo vista”. Sui coronabond il Fmi non si sbilancia. “Su questo tema la domanda è essere sicuri che tutti i paesi, inclusi quelli con debiti relativamente alti, possano prendere le azioni necessarie senza creare tensioni sui mercati e senza rischiare un aumento dello spread. Da questo punto di vista il pacchetto da 500 miliardi dell’Europa è la riposta giusta” ha affermato Thomsen.