(Teleborsa) – “Oltre al rallentamento della crescita economica, tra le possibili conseguenze dell’epidemia Coronavirus c’è anche una ritardata applicazione del nuovo accordo commerciale tra Stati Uniti e Cina“. Per il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti non è in discussione l’entrata in vigore a metà febbraio dell’intesa ma, per effetto della revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia, le autorità di Pechino stanno valutando se chiedere un margine di flessibilità nel rispetto degli impegni sottoscritti, con particolare riferimento all’aumento delle importazioni dagli Stati Uniti. Il nuovo accordo bilaterale prevede, infatti, la possibilità di avviare consultazioni tra le parti, “nel caso di disastri naturali o altri eventi imprevedibili”.
Per quanto riguarda il settore agroalimentare, la Cina – sottolinea Confagricoltura – ha assunto l‘impegno a far salire le importazioni dagli Stati Uniti fino a 80 miliardi di dollari entro il 2021. Nel 2017, prima dell’avvio del contenzioso commerciale, l’import cinese si attestava a 24 miliardi di dollari. L’aumento medio, quindi, sarebbe di circa 16 miliardi l’anno. “Alla luce di queste cifre – afferma Giansanti – è evidente che la flessibilità avrebbe un impatto sulle prospettive degli scambi commerciali su scala mondiale. Gli Stati Uniti dovrebbero continuare a guardare verso altri mercati di sbocco, tra cui quello europeo, in attesa del rilancio degli acquisti cinesi”.
Dalla seconda metà del 2018 – evidenzia Confagricoltura – gli Stati Uniti sono diventati il primo fornitore di soia degli Stati membri, prendendo il posto fino ad allora detenuto dal Brasile. Per farine e pannelli di soia, stando ai dati della Commissione europea, le importazioni dai Paesi terzi coprono circa il 95% del fabbisogno della UE. Confagricoltura rileva, inoltre, che non c’è nessun legame tra l’epidemia Coronavirus e la riduzione – dal 10 al 5% a partire dal 14 febbraio – dei dazi applicati dalla Cina su una lista di prodotti importati dagli Usa per un controvalore di 75 miliardi di dollari. Il ministero delle Finanze cinese ha, infatti, precisato in un comunicato ufficiale che la riduzione dei dazi deriva dalla volontà di promuovere “lo sviluppo sano e stabile delle relazioni economiche e commerciali” con gli Stati Uniti.
Oltre alla soia, nella lista dei prodotti sui quali saranno ridotte le tariffe sono incluse le carni suine, tenuto conto del crollo della produzione interna provocato dalla peste suina africana. L’accresciuto fabbisogno è stato finora coperto con le importazioni dalla UE, aumentate di oltre il 40% nei primi sette mesi dello scorso anni secondo i dati della Commissione europea.