(Teleborsa) – “In Italia il rischio di ripresa del contagio potrebbe continuare a rimanere elevato in presenza di un’ampia diffusione del virus al di fuori dei confini nazionali” e, in tale scenario, “la possibilità di continuare a mantenere sotto controllo la diffusione del virus nei prossimi mesi dipende in misura cruciale dalle politiche di prevenzione, di test e di tracciamento dei contatti”. Questo, in sintesi, quanto rileva uno studio diffuso dalla Banca d’Italia.
“Il numero dei test in rapporto al contagio – spiegano gli economisti Alessandro Borin, Francesco Paolo Conteduca, Giuseppe Ilardi, Michele Mancini e Luca Rossi – è cresciuto in tutte le regioni e appare complessivamente adeguato. Persiste un’eterogeneità regionale nelle politiche di testing e non è al momento chiaro se tutte le regioni siano dotate di sistemi informativi di sorveglianza adeguati per il monitoraggio e il tracciamento dei contatti per i casi sospetti”.
“L’Italia – si legge nel rapporto di Via Nazionale – resta uno dei paesi più colpiti dal contagio in termini di incidenza della mortalità per Covid-19 nella popolazione. Il rigido lockdown nazionale, in vigore dal 10 marzo al 4 maggio, ha consentito una riduzione del contagio e dei decessi, portando a un progressivo allentamento delle restrizioni”. A distanza di due mesi dalle prime riaperture – sottolinea Bankitalia – “le evidenze a disposizione sembrano indicare che l’epidemia si è mantenuta sotto controllo, anche se il ritmo di riduzione del contagio è rallentato rispetto al periodo di lockdown e sono emersi alcuni focolai di infezione per ora geograficamente circoscritti. Le strette misure di contenimento adottate in Italia e in molti altri paesi dell’Unione Europea tra marzo e aprile hanno permesso di ridurre il contagio da Sars-Cov-2 e di mantenere l’epidemia sotto controllo nella maggior parte della regione anche dopo l’allentamento delle restrizioni”.
Tra maggio e giugno – continua il rapporto – “la pandemia ha colpito sempre più altre aree del pianeta, come l’America Latina, il subcontinente indiano e il Medio Oriente. Il contagio è inoltre ripreso a ritmi elevati nelle zone degli Stati Uniti meno colpite nella prima fase, nelle quali le misure di contenimento erano state meno stringenti o in vigore per un periodo più limitato. Secondo le informazioni disponibili che risentono di una forte eterogeneità nelle metodologie di rilevazione tra paesi, questa seconda fase dell’epidemia sembra caratterizzarsi per aumento più rilevante nel numero di contagi a fronte di una letalità relativamente più contenuta. Molti fattori – concludono gli economisti di Palazzo Koch – potrebbero aver concorso a determinare questa evoluzione, incluse le caratteristiche demografiche dei paesi emergenti principalmente coinvolti in questa fase”.