(Teleborsa) – “Sarebbe dannoso se al pesante impatto sociale ed economico dell’emergenza Coronavirus si aggiungessero dall’inizio dell’anno venturo le conseguenze di un mancato accordo commerciale tra UE e Regno Unito”.
È la dichiarazione rilasciata dal presidente della Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in vista dell’incontro tra i leader delle Istituzioni dell’Unione con il primo ministro britannico, in programma lunedì prossimo 15 giugno. “Ci auguriamo – ha aggiunto Giansanti – che arrivino utili indicazioni per rilanciare un negoziato che finora non ha fatto registrare sostanziali passi in avanti”.
Confagricoltura ricorda che, dopo il recesso del Regno Unito, è partito un periodo transitorio esteso fino al prossimo 31 dicembre, durante il quale continuano a valere sul piano bilaterale le regole dell’Unione. Senza un accordo, dall’inizio del 2021, sull’interscambio commerciale si applicherebbe la normativa dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) con il ripristino dei dazi doganali e dei controlli alle frontiere.
“A nostro avviso, l’estensione del periodo transitorio sarebbe la soluzione migliore – ha sottolineato il presidente di Confagricoltura – ma il Regno Unito ha finora tassativamente escluso questa ipotesi”.
Confagricoltura segnala che le esportazioni agroalimentari italiane verso il Regno Unito ammontano a 3,4 miliardi di euro l’anno. Vino e spumanti i prodotti più apprezzati dai consumatori britannici. In evidenza anche formaggi e ortofrutta trasformata.
“Siamo favorevoli a un accordo bilaterale di libero scambio senza dazi e contingenti e con il riconoscimento del sistema europeo sulle indicazioni geografiche e di qualità – ha evidenziato Giansanti – La nostra posizione è pienamente condivisa dall’associazione degli agricoltori britannici (NFU), che ha anche lanciato una petizione pubblica per scongiurare, a seguito del recesso dalla UE, un aumento delle importazioni agroalimentari al di sotto dei vigenti criteri in materia di sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente e delle risorse naturali”. In pochi giorni, la petizione è stata firmata da un milione di cittadini britannici.