(Teleborsa) – La Corte di giustizia europea ha annullato il provvedimento con cui la BCE aveva negato alla Malacalza Investimenti “l’accesso a vari documenti relativi alla decisione” del consiglio direttivo che il primo gennaio 2019 aveva commissariato banca di cui la famiglia era primo socio con il 27,5%.
La sentenza della quarta sezione del tribunale europeo, pubblicata sulla gazzetta ufficiale europea, condanna l’authority a pagare le spese legali.
Durante il commissariamento di Carige, scattato a inizio 2019, è stato varato un aumento da 700 milioni e oggi l’istituto fa capo al Fitd, ma fin dalle prime battute, la famiglia aveva chiesto di aver accesso ai relativi documenti, oltre a chiedere di conoscere le interlocuzioni tra l’autorità e i consiglieri della banca nel mese precedente, incluse le parti relative alla prospettata conversione del subordinato per 320 milioni, precedentemente sottoscritto d’urgenza dal Fitd tramite lo Schema volontario.
La sentenza consentirà ora ai Malacalza di chiedere la documentazione relativa al commissariamento Carige, per poter quindi – si presume – impugnare il provvedimento stesso disposto sulla banca.
A inizio 2020, con aumento Carige ormai varato e prima ancora che la prima assemblea della banca sotto il controllo Fitd nominasse i nuovi vertici della banca ligure, Malacalza ha chiesto un risarcimento per oltre 480 milioni di euro al Fondo interbancario, a Cassa centrale e alla stessa Carige, sostanzialmente puntando contro il “trasferimento forzoso di ricchezza” dai vecchi ai nuovi azionisti.
La famiglia Malacalza aveva investito circa 430 milioni in Carige tra acquisto di azioni da Fondazione e Bpce e aumenti di capitale (2015 e 2017), senza considerare i vari consulenti ingaggiati. Malacalza Investimenti fa capo per un 48% ciascuno ai fratelli Davide (tramite Hofima) e Mattia Malacalza e per il 4% al fondatore del gruppo Vittorio Malacalza.