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Pensioni, ombre su Quota 100: solo il 10% di chi lascia verrà sostituito

Insieme al Reddito di Cittadinanza, Quota 100 è senza dubbio una delle due misure bandiera del Governo gialloverde.E se il Reddito, intervento volto a contrastare la povertà,  porta il marchio del pentastellato Luigi Di Maio, per par condicio, la più grande novità sul fronte pensionistico è sicuramente targata Matteo Salvini, il leader della Lega che nei mesi scorsi si è battuto fortemente per l’introduzione di Quota 100 con l’obiettivo, è proprio il caso di dire,  di “mandare in pensione” la Legge Fornero che al Ministro dell’Interno non era mai piaciuta.

Sono stati in tanti a interrogarsi su benefici, pro e contro, accendendo un dibattito che in realtà non si è mai spento. A riportare, in queste ore, sotto i riflettori la discussione sul pensionamento anticipato (può lasciare chi ha almeno 62 anni  età e 38 contributi) ci ha pensato un editoriale di Alberto Brambilla presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali, sulle colonne del Corriere della Sera, che sugli effetti della misura mostra più di qualche perplessità ,disegnando uno scenario davvero poco affascinante. 

Con una precisazione: per capire se davvero sarà in grado di portare benefici al sistema in termini  staffetta generazionale, nuove assunzioni al posto  chi lascia l’attività, ancora è presto e occorrerà attendere probabilmente qualche trimestre. E’ invece tempo di fare qualche considerazione. 

COSTO ATTORNO AI 30-33 MILIARDI – Anzitutto, partiamo dai numeri. Scrive Brambilla: “Si può stimare un costo totale dell’operazione attorno ai 30-33 miliardi, tra mancato flusso  contributi in entrata nella casse dell’Inps e maggiori spese per le prestazioni anticipate, ipotizzando 300 mila persone che approfittino    nel triennio con durate medie dell’anticipo tra i 4,5 anni e un anno e mezzo. Cifra che tiene conto anche  altre due opportunità concesse a chi vuole lasciare in anticipo il lavoro come l’opzione donna e la possibilità  tagliare il traguardo con 42 anni e 10 mesi per gli uomini e un anno in meno per le donne”.

C’è poi un altro dato. Se la quota 100 non verrà rinnovata nel 2021 – come sostiene anche l’esecutivo –  gli effetti si esauriranno nel 2026. Uno dei fattori chiamati a determinare il successo o meno della misura è senza dubbio nella percentuale di ricambio occupazionale, liberando “spazi” nel mercato del lavoro per consentire l’ingresso ai giovani. Anche qui non c’è da stare allegri.  Secondo Brambilla, infatti, le aspettative di “un discreto rimpiazzo di neo-pensionati sono modeste”: un parere espresso sulla base degli attuali dati sull’occupazione. Ma non solo,bisogna tenere bene a mente il ciclo economico negativo, con il Pil che nel 2019 potrebbe essere sotto lo 0,4% e la produzione industriale in calo.

Una previsione quella di Brambilla sulla base dei dati forniti al 21 marzo dall’istituto di previdenza. Partiamo dal settore privato. Secondo l’esperto “La maggior parte dei circa 53.000 lavoratori dipendenti del settore privato che al 21 marzo hanno presentato domanda per   daranno luogo a pochissimi posti  lavoro per i giovani, forse meno  un 10%”.  Per quanto riguarda i 17.200 autonomi, il rischio è che possano intestare “l’attività ai familiari e proseguiranno in ombra”.


Fonte: https://quifinanza.it/pensioni/feed/

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