Far tornare in Italia ricercatori, medici, scienziati, professori, ma anche imprenditori e liberi professionisti lontani dal nostro Paese. È questo l’obiettivo del ddl Crescita, numero 34 del 30 aprile scorso che deve essere però ancora convertito in legge.
L’articolo 5 prevede un regime speciale per i lavoratori rimpatriati. Si punta quindi a favorire fiscalmente il rientro in patria di italiani che hanno “elevata qualificazione o specializzazione” o che rivestono “ruoli direttivi”. È stato calcolato che il capitale finanziario costituito dalla somma teorica dei costi di istruzione dei nostri concittadini emigrati sia intorno ai 12 miliardi. Un investimento di cui godono i Paesi di destinazione. Una cifra che rappresenta un aumento della produttività non italiana, ma anche una crescita di conoscenze e relazioni. Il ddl Crescita prevede nello specifico che “i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la loro residenza….concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% del loro ammontare». Si tratta quindi di un abbattimento del 70% dell’imponibile ma solo se si è residenti all’estero da almeno due anni e ci si impegna a trasferirsi in Italia per altri due. Inoltre l’attività lavorativa deve essere prestata «prevalentemente nel territorio italiano».
C’è anche un altro aspetto che viene affrontato in questa legge per i rimpatriati. Per chi ha almeno un figlio a carico o acquista nel frattempo casa, il beneficio fiscale vale per ulteriori cinque anni pur ridotto al 50 per cento. Per i contribuenti con almeno tre figli minorenni a carico gli “ulteriori cinque periodi di imposta concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10 per cento del loro ammontare”. Nel caso in cui ricercatori, medici, scienziati, professori, imprenditori e liberi professionisti decidono di trasferire la residenza in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna, pagheranno le tasse sul 10% di quello che si guadagna.
Questo tipo legge è stata associata alla cosiddetta legge Beckham, introdotta in Spagna nel 2005. All’epoca i cinque anni di aliquota ridotta dal 43% al 24% per gli stranieri con retribuzioni superiori ai 600 mila euro, venne sfruttata soprattutto dalla grandi squadre di calcio spagnole. Anche in Italia quindi questa nuova legge potrebbe essere considerata da club come Inter, Juventus o Napoli. Ad esempio la società azzurra potrebbe riacquistare Edinson Cavani dal Paris Saint Germain con ritenute solo sul 10% del suo ingaggio.